“Trinità dei Monti, Roma ai miei piedi e io mi commuovo. Buonasera amore mio”. @LorenzoGar ...
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@LorenzoGar
Giusto fare del sentimentalismo in un posto così bello. Però è pure giusto irritarsi. Ha visto e vede di tutto, a sue spese, la scalinata di Trinità dei Monti. Restaurata oppure no, adesso lo è. Ma tutti sembrano gridarle contro in ogni lingua del pianeta «e chisseneeeee!!!» e ha avuto più volte la funzione immeritata di vespasiano. L’altra notte, verso le 23 e trenta, un ragazzo ha fatto la pipì sugli scalini. E la fidanzata a pochi metri di distanza ha gridato fiera e gioiosa di fronte all’abbondanza dello scroscio: «Amo’, e quanta ce n’hai, du’ litri?!». Funge da wc questo gioiello ma anche da pista da sci, ogni volta che nevica a Roma, come alla Befana del 1985. Oppure, nel 2007, fu circuito da gran premio quando quattro invasati si buttarono lungo i gradini a bordo di un’automobile rombante. L’anno successivo l’artista neo-futurista Cecchini compì l’azione cosiddetta della “palline colorate”: ben 500.000 fatte rotolare sulle scale. E quelli che ogni giorno, sul bordo della preziosa scalinata, si puliscono le scarpe che hanno appena schiacciato le feci di un cane (forse anche di un umano)? E quelli che scambiano questo posto per la dependance di un fast food o per una tavolata da pane e porchetta transglobal e «portace mezzo litrooo...» magari made in Taiwan? A questo punto, contro il «che ce frega, che ce ‘mporta», andrebbero messi davvero intorno a Trinità dei Monti e alla Barcaccia i cancelli, le telecamere e anche i droni che controllano e che magari sparano qualche liquido pizzicante (pipì di toro?). Così da rendere Piazza di Spagna il simbolo della lotta, dura senza paura, al degrado. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero