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Stesso copione, registi diversi, e una trama con ruoli invariati. I trecento studenti che, da tre giorni, hanno deciso di occupare il liceo Virgilio, in via Giulia, continuano a tenere in ostaggio la loro scuola. Impedendo, di fatto, lo svolgimento delle regolari lezioni anche agli studenti che vorrebbero prendervi parte. Trecento su oltre mille, che hanno preso possesso dell'istituto e, come ogni anno con l'esclusione di quello saltato per il Covid organizzano attività collaterali, che nulla hanno a che vedere con il normale programma di apprendimento previsto dal Ministero. E così, ecco che l'altro giorno era stato invitato a parlare Nunzio D'Erme, leader degli antagonisti e, soprattutto molto vicino all'ex Br, Barbara Balzerani (la sua lezione è poi saltata).
Mentre, ieri mattina, spazio alla complessa questione israeliano-palestinese, ma da una prospettiva a senso unico: il titolo dell'incontro, infatti, era Palestina libera. Un dibattito organizzato di fronte ad un pubblico costituto anche da minorenni, condotto dall'associazione dei Giovani Palestinesi. «Ci hanno parlato delle violenze e delle difficoltà subite dai palestinesi», ha spiegato uno studente. Del resto, basta vedere la pagina Instagram dell'associazione, per accorgersi che, parlando di Israele, si usano le definizioni di vittimismo, di lobby, di propaganda e, razzismo. Ma non è tutto. Perché nel programma alternativo del Collettivo lo stesso che, ogni anno, spalleggiato da una minoranza dei genitori, dà vita all'occupazione abusiva ci sono state anche le consuete feste serali.
Ecco, quindi, il djset nel cortile di via Giulia, con tanto di casse, cantante e chitarrista lanciato sopra ai ragazzi, che, ovviamente, erano assembrati senza mascherine. «Ancora una volta siamo di fronte ad una minoranza che prevarica la maggioranza spiega Mario Rusconi, a capo dei presidi del Lazio, che da sempre si batte contro questa forma di protesta La cosa curiosa, è che i ragazzi del Virgilio protestano contro le entrate scaglionate, perché dicono di non avere tempo per studiare. Il paradosso è che nella loro occupazione nessuno studia e non si dica che i quattro corsi organizzati hanno un qualche significato culturale. Purtroppo siamo di fronte all'assenza totale di confronto democratico».
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