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Non voleva restare in casa dopo la lite con il nipote che lo aveva insultato. Così, martedì mattina, pur di non rimanere nell’appartamento di via Gigliotti, zona San Basilio, il 66enne Umberto S., agli arresti domiciliari dopo essere stato in carcere, nel 2020, per associazione a delinquere finalizzata alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti, ha scelto di sfidare la sorte uscendo in strada e aspettando i carabinieri che lo hanno rintracciato poco dopo servendosi del sistema di localizzazione del braccialetto elettronico. L’uomo è stato arrestato con l’accusa di evasione e condotto in aula per affrontare l’udienza con rito direttissimo. Davanti al giudice ha dichiarato di non voler più restare nell’appartamento per via delle continue liti familiari, ma nonostante la sua ammissione il giudice ha disposto che faccia ritorno a casa, dove continuerà a scontare i domiciliari.
Roma, madre e figlia morte in casa a San Basilio: si indaga per omicidio
LA STORIA
Un ambiente difficile e una convivenza forzata con tutta la famiglia: il 66enne divide l’appartamento con moglie, figlia, genero e nipote. I litigi, secondo quanto raccontato in udienza davanti al giudice di piazzale Clodio, sono all’ordine del giorno e non si sono interrotte neanche nei giorni delle festività natalizie.
Accusato di evasione e condotto in aula per l’udienza di convalida con giudizio direttissimo, l’uomo ha continuato a sostenere di essere esasperato dalla situazione familiare e di essere arrabbiato con il nipote a tal punto da non poter restare in casa. Il pm non ha richiesto misure coercitive e il giudice ha convalidato l’arresto disponendo, però, il rientro immediato del 66enne nell’appartamento che condivide con la famiglia. Ulteriori decisioni riguardo ad un aggravamento della misura potrebbero essere disposte dal Tribunale di sorveglianza al quale il giudice trasmetterà gli atti. L’uomo era stato arrestato a gennaio del 2020 nel corso del blitz “Coffe Break” coordinato dal pubblico ministero Barbara Zuin, adottato dopo la chiusura del bar di San Basilio diventato una delle piazze di spaccio in mano al clan dei Marando.
EVASIONI “FORZATE”
Relazioni complicate e convivenze imposte dalla legge che finiscono per esasperare i rapporti familiari. Così, sono sempre di più imputati e condannati a scontare gli arresti domiciliari che scelgono di violare la misura, andando incontro a possibili aggravamenti, pur di non restare in casa con i propri parenti. Ad agosto è stata la 46enne Monica D., pusher della “banda del coltello” di San Basilio, arrestata a giugno del 2021, ad evadere dai domiciliari in seguito ad una lite con la ex compagna che l’ha cacciata dalla casa di via Gigliotti nel quale erano costrette a vivere insieme per via della misura della donna.
La 46enne si è consegnata spontaneamente al distretto di San Basilio dove ha spiegato agli agenti la situazione ed è stata arrestata con l’accusa di evasione. Disposta a tutto pur di non fare ritorno a casa, la donna ha chiesto una misura estrema: il carcere. Una richiesta appoggiata dal pm, ma non accolta dal giudice che ha disposto nuovamente i domiciliari. A febbraio del 2019, invece, un 29enne ai domiciliari per spaccio si è presentato in caserma chiedendo ai carabinieri di essere arrestato e ritenendo il carcere la scelta migliore. Ad esasperarlo, le continue liti con la compagna. La sua richiesta è stata accolta dal giudice e l’uomo è stato condotto a Rebibbia.
Il Messaggero