Roma, no vax non vuole farsi curare e massacra l'infermiera: follia al San Camillo

Positivo, portato al San Camillo, prende a calci in faccia l’operatrice che lo assiste

No vax non vuole farsi curare e massacra l'infermiera: follia a Roma
Non solo ha rifiutato le cure. Ma ha aggredito anche una delle infermiere del reparto Covid che stava tentando di assisterlo. Così al San Camillo è scoppiato il caos...

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Non solo ha rifiutato le cure. Ma ha aggredito anche una delle infermiere del reparto Covid che stava tentando di assisterlo. Così al San Camillo è scoppiato il caos in reparto venerdì sera quando uno dei pazienti, un No vax positivo e ricoverato in ospedale per l’aggravarsi dell’infezione, ha dato in escandescenze. Nel mirino della sua violenza è finita una sanitaria. L’ha spinta a terra e poi l’ha presa a calci in testa. I colleghi l’hanno subito soccorsa, allontanando il paziente che in preda a una crisi gridava: «Questa è una dittatura sanitaria e non avrete il mio consenso per le cure». Sono quindi intervenuti gli agenti della sicurezza dell’ospedale che hanno allontanato e calmato il malato. Mentre l’infermiera, 30enne romana in servizio nel reparto Covid da appena un mese, è stata sottoposta ad accertamenti medici. Sotto choc per quanto avvenuto, ha riportato ferite e contusioni giudicate guaribili in 10 giorni. 

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LA FUGA DEI CAMICI BIANCHI
«Mi si è rivoltato contro all’improvviso. È accaduto tutto in pochissimi secondi, non sono riuscita a liberarmi» ha raccontato la vittima dolorante e tra le lacrime alle forze dell’ordine poi intervenute. Per il paziente No vax è invece scattata la denuncia. Ora dovrà rispondere di aggressione e lesioni. «Gli episodi di violenza, in particolare nei pronto soccorso, sono aumentati esponenzialmente. Riceviamo segnalazioni da tutti gli ospedali. Il personale è già allo stremo, la quarta ondata della pandemia ci ha piegati. Questi episodi sono gravissimi» commenta Stefano Barone, segretario del Nursind del Lazio. 
Una pressione quella registrata nella rete sanitaria che si è tradotta anche con una fuga degli infermieri da reparti e padiglioni. 

Solo nel 2021, in 600 si sono licenziati per cambiare mestiere e vita. Non hanno retto ai lunghi turni e più in generale, alle condizioni di lavoro sempre più pesanti. A incidere secondo i sindacati di categoria sono state pure le ripetute aggressioni sia fisiche che verbali. 

IL PRECEDENTE
Poco più di un mese fa (il primo gennaio) al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni un paziente in stato di agitazione aveva aggredito un’altra infermiera staccandole un dito a morsi. La sanitaria era stata subito soccorsa dai colleghi, dalle guardie di sicurezza dell’ospedale e quindi dalle forze dell’ordine intervenute per riportare la calma in reparto. 

Non un caso isolato: sulle ripetute aggressioni verbali che avevano denunciato i camici bianchi del policlinico di Tor Vergata, era intervenuto l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato: «Esprimo solidarietà e vicinanza al personale vittima di episodi di violenza, i nostri operatori stanno combattendo in prima linea il virus con passione e abnegazione» aveva scritto il due gennaio in una nota ufficiale. L’ultima segnalazione è di sabato notte all’ospedale Grassi di Ostia dove il familiare di un paziente ha ripetutamente aggredito verbalmente un sanitario dell’accettazione del pronto soccorso. Una situazione dunque sempre più al limite. A cui si somma la carenza cronica di personale che non consente ai nuovi arrivati di intraprendere coi giusti tempi la formazione sul campo. E allo stesso tempo, non assicura la turnazione nei reparti. 

«In questo momento oltre al disagio legato all’emergenza pandemica si somma anche il costante rischio di aggressioni» sottolinea Barone del Nursind che aggiunge: «L’infermiera aggredita venerdì, è giovanissima e appena entrata in servizio. Avrà bisogno di tempo non solo per riprendersi dall’aggressione fisica. La situazione è davvero drammatica e solo arruolando nuovi infermieri potrà alleggerirsi. Non ci sono alternative o strade alternative. Il personale, sia medico che infermieristico, non può reggere ancora».
 

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Il Messaggero