Nettuno, la “mamma” dei cani randagi racconta le ore di terrore nelle mani di un bulgaro

I carabinieri che hanno arretato il bulgaro
«Ti porto al cimitero, ti violento e ti faccio a pezzi: così ti mangiano i cani». Nel letto dell’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina dove...

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«Ti porto al cimitero, ti violento e ti faccio a pezzi: così ti mangiano i cani». Nel letto dell’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina dove è ricoverata, Rita Di Mario, presidente dell’associazione di volontari “L’Arca di Rita” che da anni accudisce cani randagi a Nettuno, rivive la terribile storia di una violenza cieca che poteva avere esiti drammatici: sequestrata sul proprio furgone a Nettuno e massacrata di botte da un bulgaro di 35 anni che aveva lavorato per lei e che ha tentato di spezzarle il collo. Per manifestare le sue intenzioni non ha esitato a strangolare un cane chihuahua della donna. Che ora è ricoverata con ecchimosi su tutto il corpo e un collare per contenere il trauma.


«Quando mi ha detto quelle minacce – dice - ho pensato sarebbe stato meglio morire travolta da un’auto che per mano di quel pazzo: e così mi sono gettata dal furgone». Si è procurata numerose escoriazioni, ma quella scelta è stata la salvezza. Iniziata a Nettuno, questa storia di violenza ha avuto l’epilogo a Campoverde, vicino ad Aprilia, dove un carabiniere fuori servizio è riuscito a bloccare l’uomo poi arrestato dai militari della Compagnia di zona per minacce, lesioni aggravate, sequestro di persona, maltrattamento di animali, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. E pensare che il rapporto tra Rita Di Mario e il suo aguzzino era iniziato in ben altro modo.
«Aveva una cagna che stava male – ricorda – l’ha portata da noi e l’abbiamo curata. E’ entrato in confidenza con la nostra associazione e a quel punto la madre ha chiesto se potevamo impegnarlo per qualche ora. Lo abbiamo fatto con piacere anche perché i volontari per una struttura come la nostra servono sempre». Ma ben presto il comportamento dell’uomo è mutato. Prima gentile, poi sempre più oppressivo, aggressivo, violento, spesso ubriaco. «A quel punto – continua Rita Di Mario - gli ho detto che non poteva più stare nella nostra associazione». Da quel momento è iniziato l’incubo. «Lo trovavo spesso che dormiva all’entrata dell’associazione – ricorda - mi seguiva con il motorino, mi minacciava. Mi sono anche rivolta ai carabinieri che lo hanno diffidato ad avvicinarsi, ma non c’è stato niente da fare». Forse l’uomo si aspettava soldi.

Lunedì quando la donna si è recata a Nettuno per cercare aiuto presso i frati del Santuario. «Volevo un sostegno, un consiglio – spiega – ho parlato con loro e mi hanno detto di tornare quando ci fossero state le riunioni del gruppo di ascolto. Uscita dalla chiesa l’ho trovato davanti al furgone, mi aveva seguito con il motorino. L’ho pregato ancora una volta di lasciarmi stare e di andare via; sembrava l’avessi convinto, ma quando ho messo in moto è entrato di prepotenza nel mezzo mettendosi al volante». Per la donna è iniziato l’incubo durato 15 chilometri, quelli che separano la zona del santuario a Nettuno con Campoverde. «Durante il tragitto mi ha preso a pugni e schiaffi – riprende il racconto - mi ha morso le dita, ha strangolato il cagnolino. Arrivata a Campoverde mi sono gettata dal furgone, lui ha bloccato il mezzo, è sceso e mi è saltato addosso cercando di cavarmi l’occhio destro. Poi è arrivato quel carabiniere altrimenti sarei morta». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero