Arte, nei sotterranei di Caracalla i "Molti" di Biasucci

Arte, nei sotterranei di Caracalla i "Molti" di Biasucci
I sotterranei delle Terme di Caracalla, una delle parti più segrete e affascinanti del sito storico di Roma, si...

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I sotterranei delle Terme di Caracalla, una delle parti più segrete e affascinanti del sito storico di Roma,

si animano grazie a "Molti", la mostra di Antonio Biasiucci, a cura di Ludovico Pratesi. Da domani fino al 19 novembre, più di cinquanta fotografie di visi di uomini e donne di etnie diverse, con gli occhi chiusi e un'espressione distesa e serena, emergono dal buio del sottosuolo. «I quasi due chilometri di gallerie delle Terme di Caracalla, in gran parte da restaurare, si candidano a divenire un grande spazio espositivo per Roma, i romani e i turisti. La mostra di Biasucci dimostra che le opere del contemporaneo acquistano particolare
risignificazione nella reciproca connessione che si stabilisce tra opera e spazio antico», ha detto Francesco Prosperetti, soprintendente speciale dell'Area Archeologica di Roma.
I sotterranei, con i loro soffitti a volta, accolgono la mostra che si ispira alla natura del luogo. L'artista evoca un'esistenza passata dei volti che ricordano le centinaia di schiavi e operai che lavoravano in questi spazi scuri per consentire il funzionamento delle terme, dove alla luce del sole i cittadini romani trascorrevano ore di
divertimento e di ozio. Le fotografie dei volti, imprigionati in una cornice metallica ricoperta da un cristallo e appoggiata direttamente sul pavimento, diventano un omaggio simbolico a un'umanità presente e
necessaria. A questa umanità "nascosta" Biasiucci trasmette la dignità del ritratto, concesso in epoca antica soltanto alle classi più abbienti. Biasiucci conduce la sua ricerca attraverso un uso del tutto personale della fotografia, imprimendo una cifra sorprendente a immagini quotidiane come corpi, strade, persino il pane e il suo
impasto. Ha realizzato le immagini di "Molti"  nel 2009, fotografando in bianco e nero i calchi realizzati dall'antropologo Lidio Cipriani negli anni Trenta in alcuni paesi del Nord Africa. Prima fonte di ispirazione per l'opera, allora, era stata la storia dei migranti dispersi nei nostri mari. Con questa mostra l'artista conferisce a

"Molti"  un nuovo senso. I suoi volti sono adesso testimoni muti e anonimi della grande storia di Roma. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero