Il Natale di Roma e il coronavirus, oggi festa per i 2773 anni della città eterna

Il Natale di Roma e il coronavirus, oggi festa per i 2773 anni della città eterna
Parafrasando Cesare Pascarella, Roma non la potevano fare né a Milano né altrove. L'hanno fatta qui, perché qui c'è tutto. Questo accadeva...

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Parafrasando Cesare Pascarella, Roma non la potevano fare né a Milano né altrove. L'hanno fatta qui, perché qui c'è tutto. Questo accadeva 2773 anni fa, e hic manebimus optime. Oddio, non proprio ottimamente visti i tempi che corrono. E stavolta il Natale di Roma - che oggi non si celebra pubblicamente causa lockdown per il coronavirus ma i romani lo sentono e nelle case l'evento arriva con i social e via tivvù - ha un significato particolare.

È sempre stata questa ricorrenza lo specchio e il termometro della vita dei romani, della salute civile di Roma, del momento in corso. E lo fu per esempio nel 1831 quando la terribilità del colera impazzava da queste parti (19.665 infetti, seconda città d'Italia dopo Napoli con 24.014 malati) e la Roma papalina sbandò e il disordine sociale provocato dall'epidemia rischiò di diventare devastante. Proprio quello che non sta accadendo oggi. Anzi, in questo Natale di Roma, ci stiamo rivelando all'altezza della «Storia nostra», tanto per citare il titolo dei sonetti di Pascarella. E la maniera in cui i romani si stanno comportando nell'emergenza sanitaria e sociale - indifferenti a tutto? Macché, disciplinati! Scettici? Non è vero, consapevolissimi! - può valere come una prova storica che la Capitale sa essere esempio per la nazione e che svolge come deve il suo ruolo di guida.
IL MITO
La reazione al contagio si sta rivelando insomma una conferma che la grandezza della fondazione dell'Urbe - Enea e Romolo non ci vedono sfigurare - e lo sviluppo universale del mito di Roma hanno ancora spalle su cui poggiare. Non è vero che la discendenza sa soltanto rovinare la gloria degli avi, e il giudizio su Roma non può coincidere - lo diciamo al mondo, al Nord, ma anche a noi stessi - con la valutazione che si dà della gestione amministrativa che in questi anni i romani hanno patito. C'è un patrimonio di forza che questa comunità sta mostrando a tutti, nonostante tutto. E sembra il viatico migliore per avvicinarsi ad altri due appuntamenti cruciali per la rifondazione di Roma e per il rilancio dell'Italia con Roma come suo snodo e sintesi: i 150 anni della Breccia di Porta Pia che si celebreranno a settembre e i 150 anni dell'istituzione, con la legge del 3 febbraio 1871, di Roma Capitale del Regno con cui comincerà un 2021 sperabilmente migliore rispetto all'anno in corso.
Ecco, la cattiva amministrazione resta. Il lockdown dovrebbe essere l'occasione, per il Campidoglio, per rifare le strade o per avviare un piano di ripulitura radicale della città che massimamente servirebbe. Però l'infuriare delle spinte centrifughe, con la zavorra del fai da te dell'emergenza da parte di alcune regioni, sta trovando nello Stato centrale un argine per quel che si può. Nella ricorrenza del Natale di Roma, la Capitale c'è e non sembra tradire quel 21 aprile del 753 avanti Cristo. Sta trovando questa città, senza lagne, senza toni altisonanti, con una pratica di laico contrasto al male, una riprova della validità del suo dna.
Trilussa non sarà Pascarella, ma una sua poesia s'intitola Er proprio dovere. E finisce così: «Er dovere m'impone / de rispetta' er padrone». Che non significa in questo caso, banalmente, di rispettare le autorità e le regole del governo sul tutti a casa, ma rispondere ai dettami provenienti dalla propria storia e dal proprio orgoglio. Quelli che hanno insegnato al mondo - e chissà se aveva ragione il super-pessimista Cioran, iperbolico per una volta: «Roma è più del mondo. Perciò lo conquistò, lo dominò, lo vinse» - la maniera per abitarlo nell'ossequio alla legge che qui è nata e da qui è partita per dare ordine e civiltà.
L'AUTOSTIMA

Questo insomma dev'essere il Natale della nostra autostima. E non solo perché, spogliata di gente, Roma si rispecchia ancora di più nella sua bellezza che può anche spaventare. Ma perché - basti pensare alle eccellenze sanitarie come lo Spallanzani o il Gemelli - si sta guadagnando il rispetto agli occhi dei più, quelli senza paraocchi. Intorno a questo Natale nel segno del contagio, si spera declinante, vengono meno molti dei luoghi comuni che ci riguardano. Compreso quello dell'Urbe plurimillenaria che avendo visto tutto a nulla dà importanza. Stavolta non è proprio così.
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Il Messaggero