Naso rotto, donna muore sotto i ferri mentre le riducono la frattura: omicidio colposo per l'anestesista

Naso rotto, donna muore sotto i ferri mentre le riducono la frattura: omicidio colposo per l'anestesista
E' morta per insufficienza cardio respiratoria in un letto d'ospedale, dopo essere uscita praticamente illesa da un incidente stradale con il suo motorino. Una tragedia,...

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E' morta per insufficienza cardio respiratoria in un letto d'ospedale, dopo essere uscita praticamente illesa da un incidente stradale con il suo motorino. Una tragedia, quella di Alessandra Rauco, trentacinquenne originaria di Leonessa, in provincia di Rieti, per la quale i giudici del tribunale di Roma hanno condannato a un anno e sei mesi di reclusione Vincenza Spagnoli, anestesista del policlinico Casilino Nuovo. Accusata di omicidio colposo, l'imputata - che sedò la giovane prima che fosse sottoposta a un comune intervento per la riduzione di una frattura al naso - sarà inoltre chiamata a versare una provvisionale di 80 mila euro. La pena emessa dal giudice della settima sezione penale, è stata comunque sospesa. Provvedimento che lo stesso magistrato ha però subordinato al pagamento di un risarcimento per i familiari che verrà stabilito in sede civile.


La vicenda di Alessandra comincia il tre dicembre del 2009, quando, come ogni mattina, esce di casa per andare a lavoro a bordo del suo motorino e si scontra con un'automobile. Le conseguenze dell'incidente non sono gravi, e quando la trentacinquenne arriva al policlinico Casilino Nuovo, viene accettata in pronto soccorso con un rassicurante codice verde. A parte un trauma al volto, il naso rotto e qualche ammaccatura la giovane sta bene. Per i medici, l'unico intervento da compiere è quello per la riduzione della frattura al naso, e di lì a pochi giorni, il 5 dicembre, la donna viene portata in sala operatoria.



INSUFFICIENZA RESPIRATORIA


Rimane sotto i ferri per qualche minuto ma, malgrado la semplicità dell'intervento, sprofonda in un sonno indotto dall'anestesia dal quale non si sarebbe più svegliata. Nel corso dell'operazione, infatti, la vittima inizia ad accusare delle serie difficoltà respiratorie, alle quali l'imputata –secondo l'accusa- non avrebbe reagito prontamente con una tempestiva manovra di rianimazione capace di assicurare il ripristino di una adeguata ossigenazione. A questo punto, la vittima viene portata in rianimazione ma, ormai in stato di coma, le sue speranze di salvarsi sono minime e quelle di tornare alla vita di sempre praticamente nulle. Tre settimane più tardi la morte a causa di un'insufficienza cardiorespiratoria. «Alessandra è morta e nessuno potrà mai ridarmela» ha commentato dopo la lettura della sentenza di condanna il fratello della vittima, commosso. «Ora, quello che desidero è che questa vicenda serva da monito per evitare che accadano nuovamente simili tragedie». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero