Cantieri mobili e un guardrail pericoloso potrebbero essere tra le cause dell’incidente mortale di sabato sera sulla via Pontina, costato la vita a un romano di 39 anni....
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Roma, scontro moto-auto sul Lungotevere: muore un centauro di 62 anni
Un impatto violento e fatale per il conducente alla guida morto sul colpo, dopo essere stato sbalzato dal finestrino sull’asfalto. La macchina, infine, ha fatto una carambola ed è precipitata dal cavalcavia. Le schegge della Smart in frantumi hanno colpito una vigilessa alla gamba che, con un’altra pattuglia, stava rilevando un altro incidente vicino. Per lei alcuni punti di sutura al polpaccio. «Un incidente da film», lo hanno descritto i testimoni. A confermarlo anche gli agenti della polizia locale del Gruppo Marconi che hanno effettuato i rilievi e sono stati i primi a ricostruire l’accaduto.
Roma, non solo alberi, ora crollano anche i semafori: è allarme sicurezza
Sotto accusa, ancora una volta, la pericolosità di quel tratto della Pontina che si conferma una strada killer. Cantieri mobili, scarsa visibilità e manto stradale ridotto a un colabrodo sono tra le principali cause degli scontri che si registrano quotidianamente. «Il motivo dell’incidente – racconta un automobilista - è legato con molta probabilità alla mancata segnalazione dei lavori con la presenza di una barriera in cemento che “tagliava “ la corsia. Infatti esattamente ieri passando con la mia vettura ho segnalato ai vigili urbani la folle situazione di estremo pericolo per le vetture. Personalmente ho rischiato anche io viaggiando a velocità tutt’altro che alta. In quel punto è stata creata una barriera in cemento non segnalata bene: “tre lucette” collocate sopra il muro visibili a poche decine di metri dal punto di inizio restringimento. Inaccettabile, e un uomo muore così» . «Anche io – aggiunte un altro testimone – ho segnalato la pericolosità di quel tratto a causa dei cantieri non segnalati adeguatamente, aspettavamo che accadesse la tragedia per poter intervenire. E purtroppo così è stato». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero