Morto Ermando Di Quinzio, il fotografo de Il Messaggero ossessionato dalla luce e dalla storia

Morto Ermando Di Quinzio, il fotografo de Il Messaggero ossessionato dalla luce e dalla storia
Non erano solo foto, quelle di Ermando Di Quinzio, erano quadri, documenti, prove. Migliaia di immagini straordinarie che hanno accompagnato una parte di storia del Messaggero....

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Non erano solo foto, quelle di Ermando Di Quinzio, erano quadri, documenti, prove. Migliaia di immagini straordinarie che hanno accompagnato una parte di storia del Messaggero. Ieri, il figlio Matteo ha scritto un post di Facebook per dirci che Ermando non c'è più. Ha raccontato del padre e delle ultime ore vissute con l'ironia e lo stile di sempre. Perché Ermando non era un fotoreporter qualunque, uno di quelli che scattava e scappava al giornale solo per portare la foto. Ermando lavorava fianco a fianco con il cronista, ricostruiva con lui "il fatto" attraverso le immagini, sempre con il sorriso e la gentilezza. Affabile, affascinante, con quegli occhi azzurri un po' liquidi, non sbagliava un colpo. Puntava l'obiettivo e centrava, scattando con quella Nikon dove aveva attaccato la fotina del figlio Matteo. Un modo per portarlo sempre con sé, diceva sempre Giancarlo Minicucci, uno dei capo cronisti più bravi che Il Messaggero ricordi.




E per lui Ermando era insostituibile, il fotografo preferito, a costo di far dispiacere gli altri, che pure sono sempre stati molto bravi. Anche Giancarlo ci ha lasciati di recente, gli ultimi anni sono stati neri per la grande famiglia del Messaggero. Di Ermando ricordava la luce diversa che c'era nei suoi scatti, qualcosa che animava la foto. Un'ossessione la luce per lui, tanto che se non era quella giusta, scartava la foto senza pensarci un attimo, qualunque fosse il soggetto da fotografare: un corpo dilaniato dalle pallottole, un calciatore che alza un trofeo, un vecchio presidente della Repubblica che piange composto davanti a delle bare.

Erano inconfondibili le foto di Ermando, le riconoscevi tra mille. Erano gli anni del sangue e del terrore, gli anni delle Brigate Rosse, dei Nar, della Banda della Magliana, di Calvi, dell'omicidio di Marta Russo. Ermando era sempre lì a raccontare la cronaca attraverso le sue meravigliose immagini. Il 1990 è l’anno dei Mondiali di calcio in Italia. E lui che, in quel periodo, andava da una parte all'altra del paese, diceva. Per quel mondiale Di Quinzio ricevette il premio Baia Chia. Un riconoscimento internazionale.
Ciao Ermando, continua a scattare foto magnifiche per noi.


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Il Messaggero