Pretendeva massaggi e caffè a letto dalla mamma, figlio (di 44 anni) assolto dopo tre anni di processo

La pretesa continua di paghette, la denuncia dei genitori: il caso a Guidonia

Pretendeva massaggi e caffè a letto dalla mamma, tre anni di processo al figlio-padrone (di 44 anni)
Massaggi e caffè a letto dalla mamma, il papà-autista e la pretesa continua di paghette a più di quarant'anni. Della serie “E non se ne vogliono...

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Massaggi e caffè a letto dalla mamma, il papà-autista e la pretesa continua di paghette a più di quarant'anni. Della serie “E non se ne vogliono andare”. Stavolta però non è la trama di un film ma un processo per maltrattamenti in famiglia durato tre anni ad un quarantaquattrenne di Guidonia Montecelio finito alla sbarra con l'accusa di essere un figlio-padrone dopo la denuncia degli anziani genitori: «Pretendeva - è la contestazione da cui è partito il procedimento - la consegna di continue somme di denaro con richieste petulanti e insistenti trattandoli come subalterni costretti a fargli massaggi alle gambe, ad accompagnarlo in macchina ovunque egli chiedesse, ad esaudire i suoi desideri. E in una occasione durante una violenta lite aggredendo la madre con una spinta». Venerdì l'uomo è stato assolto dal tribunale di Tivoli. La vicenda era iniziata con un litigio tra le mura domestiche particolarmente acceso con intervento delle forze dell'ordine. A questo era seguita la denuncia-sfogo degli anziani genitori con tutti i dettagli di una convivenza difficile e di una tensione che si sarebbe venuta a creare ormai già da un paio d'anni, mentre lui, impiegato e quindi economicamente indipendente, non aveva mai raccolto il loro appello a staccarsi dall'abitazione di famiglia per andare a vivere da solo.

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Per la coppia di pensionati, due ottantenni, il livello di esasperazione era tale da sollevare alcuni timori: «La paura - spiega il capo di imputazione - delle conseguenze di quelle discussioni finché avesse vissuto con loro nella stessa casa, che non voleva lasciare». Abbastanza perché si aprisse il procedimento per maltrattamenti: per gli inquirenti quella situazione «costringeva le persone offese a vivere un sistema di vita tormentato». A giugno scorso dopo la segnalazione di un'altra lite in casa per l'uomo era arrivato anche il carcere come misura cautelare: tre mesi a Rebibbia, altri tre di arresti domiciliari in un'altra casa e anche il divieto di avvicinamento a quella dei suoi con braccialetto elettronico. Per questo era scattata pure la sospensione dal lavoro. Venerdì è arrivata l'assoluzione con formula piena.

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Per i difensori, Pietro e Gian Maria Nicotera, è una sentenza coraggiosa: «Dopo sei mesi di detenzione dell'imputato spiegano i due avvocati - il giudice ha voluto effettivamente valutare la situazione ritenendo l'insussistenza del reato. Quelle vicende e quelle dinamiche familiari che si sono venute a creare, insomma, non si configurano come maltrattamenti. Tanto è vero che i genitori erano presenti in tribunale quando è stata pronunciata la sentenza. Lo aspettavano fuori, e poi sono andati tutti insieme a casa».
 

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Il Messaggero