«Rampante, caparbio e influente». Lo strapotere in Campidoglio e l'asservimento della funzione a favore dell'imprenditore Sergio Scarpellini. Nelle motivazioni...
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Roma, assoluzione Raggi: proroga motivazione della sentenza
Il potere. «Raffaele Marra - si legge nella sentenza - ha sempre ricoperto ruoli di potere ed apicali utili al perseguimento degli interessi dell'imprenditore a prescindere dall'evoluzione degli equilibri politici locali o da posizioni di stallo a carattere assolutamente transitorio (come durante la giunta Marino o nel periodo di aspettativa per il dottorato di ricerca a Salerno). E ne era ben consapevole l'immobiliarista Scarpellini, tanto che in dibattimento ha confermato Marra sappiamo chi era: a Roma si sapeva che era una personalità».
E i giudici poi aggiungono: «Ovvero un funzionario rampante, caparbio ed influente, capace di ricollocarsi in seno all'amministrazione capitolina al cambio di governance e di instradare utilmente le pratiche del Gruppo».
Per i giudici Marra ha studiato e «programmato» la sua condotta per «motivi affaristici e speculatori». Ma anche dopo il reato avrebbe tentato di occultare i fatti e, secondo il Tribunale, tutto questo rivela «una personalità orientata ad un'ostinata e pervicace attività manipolatoria delle fonti di prova, intrapresa ancor prima dell'instaurazione del processo e mantenuta durante l'intera istruzione dibattimentale».
La collusione. I giudici sono andati a ritroso nel tempo, hanno ricostruito quanto emerso nel giudizio. Citano le intercettazioni e concludono: «La prova della collusione tra il pubblico funzionario e l'immobiliarista come rubricata e ritenuta, viene desunta non da meri sospetti o illazioni, ma origina da un contesto univoco, comprovante l'intesa raggiunta e la concreta messa in atto del mercimonio». È proprio quando Marra è arrivato di fatto a gestire il Comune, come hanno poi riferito alcuni testimoni, che «emergevano le prime comunicazioni finalizzate a ribadire l'asservimento del pubblico ufficiale agli interessi del costruttore proprio nel periodo più critico della carriera politica dello stesso Marra, chiamato dal sindaco Virginia Raggi ad assumere l'incarico di Vice Capo dì Gabinetto con delega di firma, ma bersagliato da una campagna mediatica avversa, che metteva a rischio il ruolo prestigioso appena conseguito».
Per questo alla segretaria di Scarpellini l'ex braccio destro della Raggi si metteva «a disposizione». La Corte ricostruisce l'antico rapporto. Nel 2009, l'immobiliarista avrebbe anche venduto all'ex dirigente comunale un appartamento con uno sconto di mezzo milione di euro, un fatto, comunque prescritto. La posizione difensiva di Marra non è mai cambiata dall'inizio alla fine del procedimento: ha sempre sostenuto che quei 367mila euro fossero un prestito e che il denaro - una volta iniziato il processo - era stato interamente restituito. Adesso ribadirà in appello la sua linea, mentre dovrà ancora difendersi in aula dall'accusa di abuso di ufficio per la nomina del fratello Renato a capo del Dipartimento dello Sport, avvenuta proprio mentre il funzionario era all'apice della sua carriera. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero