Omicidio Vannini, beffa sul risarcimento: non è ancora arrivato ma la famiglia già paga le tasse

Omicidio Vannini, beffa sul risarcimento: non è ancora arrivato ma la famiglia già paga le tasse
Non è ancora arrivato il risarcimento dei Ciontoli, ma i coniugi Vannini sono stati costretti già a pagarci sopra le tasse. Beffati ancora dallo Stato i genitori di...

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Non è ancora arrivato il risarcimento dei Ciontoli, ma i coniugi Vannini sono stati costretti già a pagarci sopra le tasse. Beffati ancora dallo Stato i genitori di Marco, il ragazzo cerveterano ucciso a 20 anni, il 17 maggio 2015, dal padre della fidanzata, il sottufficiale della Marina e nei servizi Antonio Ciontoli. Mentre il processo penale è arrivato alla Cassazione (l’udienza si terrà tra poco più di un mese), nel procedimento civile il tribunale ha “congelato” il Tfr dell’ex 007. In sostanza la liquidazione dell’omicida potrebbe servire a risarcire i familiari della vittima che, però, intanto hanno dovuto anticipare le imposte sulla eventuale somma: quasi 3mila euro all’Agenzia delle entrate.


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Oltre il danno la beffa perché una eventuale indisponibilità delle somme dei Ciontoli, a fine processo, potrebbe rendere nullo lo sborso delle tasse dei Vannini. Critico Celestino Gnazi, legale dei Vannini: «I Ciontoli già nei giorni successivi alla tragedia hanno iniziato a preoccuparsi dei loro conti correnti e, a oggi, non hanno ancora sborsato un euro». Ulteriore affondo. «C’è di più, – aggiunge Gnazi - lo Stato non regala nulla ai Vannini che hanno pagato all’Agenzia delle entrate a titolo di tassazione di un provvedimento del giudice dell’esecuzione relativo al pignoramento dello stipendio e del Tfr di Antonio Ciontoli. I genitori di Marco hanno sempre considerato questo aspetto secondario. Quello che maggiormente interessa è ottenere una sentenza giusta in Cassazione. Se non accadesse, sarebbe quella l’atroce beffa».
 
Finora Valerio e Marina, genitori di Marco, hanno dovuto affrontare un’ingente spesa per il lungo iter giudiziario. Diecimila euro solo per acquisire i documenti, tra cui intercettazioni audio e video, che la magistratura di Civitavecchia aveva disposto all’epoca sugli indagati, poi condannati in secondo grado. Ironia della sorte: Antonio Ciontoli era stato intercettato due ore dopo rispetto al resto della famiglia, la moglie Maria Pezzillo, i figli Martina e Federico e Viola Giorgini, fidanzata di quest’ultimo. Molto tempo dopo persino rispetto ai Vannini che avevano da poco perso il figlio ucciso con un colpo di pistola, nella villetta dei genitori della fidanzata a Ladispoli. Il padre di Marco non ci sta. «Mi domandate se lo Stato ci ha voltato le spalle? Anche Antonio Ciontoli è un uomo dello Stato, che deve pagare per ciò che ha fatto», sostiene Valerio Vannini che aggiunge: «Crimini ne accadono tutti i giorni in Italia ma poi di molti non si sa più nulla. Non tutte le famiglie, come la nostra, hanno i mezzi per lottare alla ricerca della verità».

L’ultimo capitolo sull’omicidio del giovane il 7 febbraio 2020. Giorno in cui la Suprema Corte dovrà stabilire se Antonio Ciontoli dovrà essere condannato a 5 anni per omicidio colposo e i suoi familiari a 3 per lo stesso reato. Oppure se rimandare tutto in Appello. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero