Roma, De Vito e l'amico influencer: «Voleva fargli fare il sindaco»

Giornalista, venditore d'auto, veicolatore di notizie, ammanicato con uno dei pezzi grossi del Movimento 5 Stelle romano, Marcello De Vito, che si vantava addirittura di poter...

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Giornalista, venditore d'auto, veicolatore di notizie, ammanicato con uno dei pezzi grossi del Movimento 5 Stelle romano, Marcello De Vito, che si vantava addirittura di poter fare diventare sindaco. Aveva ottimi agganci anche con un alto funzionario del governo come Roberto Alesse, vicino anche all'avvocato Pieremilio Sammarco, ex datore di lavoro della sindaca Virginia Raggi, che lei stessa definiva il suo dominus. È il profilo dell'influencer grillino, Gianluca Bardelli, invischiato in un filone dell'inchiesta sullo stadio della Roma e indagato per traffico d'influenza. Un epiteto, quello di influencer, coniato in un interrogatorio da Camillo Mezzacapo, avvocato, imputato per corruzione insieme al suo socio De Vito. Proprio Mezzacapo era stato un grande beneficiario delle reclame di Bardelli che, per lui, si sperticava in elogi per fargli incassare incarichi di prestigio. Il profilo Facebook dell'influencer pentastellato pullula di foto di e con esponenti di spicco del Movimento. Dal fondatore Beppe Grillo fino a Francesca De Vito, consigliere regionale M5S e sorella del presidente dell'assemblea capitolina finito a processo con l'accusa di avere incassato dall'imprenditore Luca Parnasi - già a processo per associazione a delinquere - e dai costruttori Claudio e Pierluigi Toti - indagati per corruzione e traffico di influenze - mazzette mascherate da incarichi di consulenza per il suo socio in cambio di agevolazioni dall'interno del Campidoglio. Di più, però, dicono le carte depositate agli atti del processo a carico di De Vito.


De Vito, il post-it del socio con i nomi e le pressioni per sbloccare le pratiche


 

È proprio dagli atti che emerge la figura di Bardelli come regista e mediatore di incontri tra i Toti e Mezzacapo che, secondo la procura, sarebbe il collettore delle tangenti pagate dai fratelli costruttori per sbloccare l'iter del progetto di riqualificazione dei Mercati Generali, incagliato da anni in Campidoglio.
Il salotto dell'influencer grillino è la sua concessionaria di Jaguar e Range Rover a Tor di Quinto. È qui che si incontra con i Toti, ma anche con politici e personaggi influenti. «Non mi ha mai chiesto soldi - per l'intermediazione con Mezzacapo, ndr - ma mi appariva chiaro che non facesse beneficenza», spiega Pierluigi Toti agli inquirenti. «Sottolineava di avere grande potere - prosegue il costruttore - ad esempio, parlando del processo a carico del sindaco Raggi, ha detto che avrebbe portato De Vito a fare il sindaco. Sia io che mio fratello ritenevamo Bardelli più potente dello stesso De Vito». L'imprenditore rivela ai magistrati anche un altro particolare che evidenzierebbe gli ottimi agganci di Bardelli: «Ci ha chiesto di partecipare alla costruzione di una palazzina residenziale sul terreno dove c'era la sua officina. L'avere ottenuto questa autorizzazione era indicativo della capacità di incidere sul Comune». Bardelli aveva le mani in pasta ovunque, sfoggiava abilmente tutte le sue conoscenze: «Mi ha fatto incontrare Gabriella Raggi (capo segreteria dell'assessore all'urbanistica Montuori, ndr), Roberto Alesse, nell'estate del 2018, De Vito nel 2017 e l'avvocato Sammarco, che è notoriamente vicino ai Cinquestelle, in quanto vicino al sindaco Raggi», spiega Claudio Toti ai pm. A Gabriella Raggi - pure lei indagata - Bardelli avrebbe invece promesso un aiuto per un concorso al ministero dell'Ambiente, grazie ai rapporti vantati con Alesse, dirigente della Presidenza del Consiglio.


La scaltrezza di Bardelli emergerebbe anche durante l'arresto, lo scorso 23 marzo. Quando i carabinieri bussano alla sua porta per notificargli l'ordinanza che dispone per lui i domiciliari, Bardelli si comporta in modo «spregiudicato», si legge in un'informativa: impedisce ai militari di entrare in casa «in modo da avere il tempo di disfarsi del telefono cellulare». Quando i carabinieri si presentano, la sua compagna non apre la porta per 15 minuti. E quando viene chiesto a Bardelli di consegnare lo smartphone, lui prima detto di averlo dimenticato nella sua autofficina, poi ha dice di averlo perso. Poi dichiara di essere in preda a una crisi cardiaca e viene portato al pronto soccorso. Quando gli inquirenti gli domandano, di nuovo, dove sia il cellulare, dice di non saperlo «perché ha subito un forte trauma». Secondo gli investigatori, «nel tempo trascorso prima dell'apertura della porta Bardelli ha verosimilmente avuto la possibilità di disfarsi o occultare il telefono». Anche perché l'ultimo aggancio della cella telefonica risale a pochi minuti prima che i militari bussassero alla porta, cioè alle 6.23 del 23 marzo scorso nel suo appartamento. Poco dopo, dalle 6.38, il telefono risulta spento.
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Il Messaggero