Malagrotta, il disastro: rifiuti in due impianti Ama. Rientra il rischio diossina

Ieri Ama ha incontrato i sindacati per illustrare come gestire la fase emergenziale dopo l'incendio che ha bloccato il Tmb1

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Una rimodulazione dei conferimenti considerato che il Tmb1 di Malagrotta è ormai fuori gioco, che chiama in causa due impianti dell'Ama e sancisce l'aiuto arrivato dall'Emilia Romagna per il trattamento di una parte dei rifiuti della Capitale. Dopo l'incendio del 24 dicembre a Malagrotta e l'apertura di un fascicolo per rogo doloso da parte della Procura, Campidoglio, Regione e municipalizzata dei rifiuti annunciano le misure per la gestione di quelle circa 500 tonnellate di indifferenziati che non potranno essere più conferite all'impianto di Malagrotta mentre decade l'ordinanza sulle misure precauzionali firmata da Gualtieri a seguito dell'incendio poiché la qualità dell'aria, stando agli ultimi dati, ha registrato ieri livelli nella norma.

LA RIMODULAZIONE

Ieri Ama ha incontrato i sindacati per illustrare come gestire la fase emergenziale dopo l'incendio che ha bloccato il Tmb1. Le 500 tonnellate che venivano inviate giornalmente a EGiovi saranno trattate e smaltite nei termovalorizzatori dell'Emilia-Romagna (il governatore Stefano Bonaccini ha accolto la richiesta del sindaco Gualtieri di aumentare i conferimenti, mentre la stessa possibilità non sarebbe stata concessa dal Piemonte) e nei Tmb e tritovagliatori del Lazio, come quelli di Frosinone, Latina, Aprilia e Malagrotta. Sul fronte logistico, e per non rallentare i giri di raccolta, Ama ha deciso di gestire tutte le lavorazioni preliminari - tritovaglio e imballaggio - nei suoi siti: delle 500 tonnellate un tempo inviate a Malagrotta, 300 andranno a Ponte Malnome e 200 a via Romagnoli. Qui sarà installato un altro tritovagliatore. Una volta impacchettati, da questi due impianti i rifiuti partiranno poi per gli stabilimenti dei fornitori. Intesa poi tra Ama e i sindacati per trasferire 53 addetti di EGiovi nel sito di via Romagnoli. Il presidente di Ama, Daniele Pace, ha ringraziato le sigle, ricordando che «la soluzione trovata darà una risposta tempestiva in termini di continuità del servizio ai cittadini e a Roma Capitale». Sul fronte delle misure adottate, invece, a tutela della salute pubblica decade il provvedimento che il sindaco aveva firmato lo scorso 26 dicembre. L'ordinanza, che già prorogava solo alcune delle misure precauzionali adottate a salvaguardia della salute pubblica a seguito dell'incendio, è terminata ieri allo scoccare della mezzanotte. A seguito di una riunione dell'amministrazione a cui ha partecipato anche la Protezione civile di Roma Capitale e a seguito delle valutazioni fatte dall'Asl Roma 3 e dall'Arpa, è stato deciso lo stop a ogni tipo di limitazione. «Sono stati infatti considerati i dati relativi alla qualità dell'aria e anche le caratteristiche dell'incendio rispetto alla casistica di situazioni simili del passato, che denotano oggi - faceva sapere il Campidoglio - una minore gravità tanto in termini di "magnitudo" che di durata dell'evento». Nel dettaglio, a poche ore dal rogo era stato disposto il divieto in un raggio di sei chilometri della raccolta e del consumo degli alimenti di origine vegetale e il divieto di pascolo e razzolamento degli animali da cortile. Lo scorso 26 dicembre l'area da sei chilometri era stata circoscritta a tre. E ieri, a seguito delle analisi sulla qualità dell'aria, il provvedimento è decaduto. Restano quindi valide le sole raccomandazioni di corretta profilassi, quelle di uso comune come, ad esempio, nel lavaggio di frutta e verdura.
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Il Messaggero