«Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan 'ndranghetista dei Mancuso di Limbadi». Lo ribadiscono i giudici del Tribunale del Riesame nelle motivazioni...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Secondo i magistrati, Carminati con Salvatore Buzzi aveva costituito la coop Santo Stefano, onlus destinata a gestire l'appalto per la pulizia del mercato Esquilino. «La nascita della cooperativa - si legge - avrebbe costituito la conferma del rapporto tra l'associazione mafiosa romana e il clan Mancuso che aveva già portato a proficui affari in Calabria». Rotolo e Ruggiero «sarebbero stati di fatto accreditati su richiesta di Buzzi presso la famiglia Mancuso che come proprio referente per le attività a Roma aveva indicato l'imprenditore Giovanni Campenni».
In numerose conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros, emerge come Rotolo, dipendente della cooperativa 29 giugno fin dal 2009 e Ruggiero, dipendente della stessa cooperativa salvo poi passare formalmente dal 2009 alla Roma Multiservizi, spa presieduta da Franco Panzironi, siano definiti 'ndranghetisti da Buzzi.
I due indagati, scrive il Riesame, sono «soggetti pericolosi per la collettività e da sempre gravitanti nell'ambito di organizzazioni criminali organizzate». I giudici ricostruiscono la storia criminale dei due a cui viene contestata l'associazione per delinquere di stampo mafioso. Su Ruggiero, in particolare, il tribunale scrive che «sin dagli anni 90 aveva frequentazioni con elementi di spicco della 'ndrangheta calabrese e in particolare con Girolamo Mole detto U Gangiu» mentre Rotolo «risulta collegato, e non solo per ragioni di parentela, con il clan Piromalli di Gioia Tauro». Per il riesame, «entrambi gli indagati trasferitisi a Roma non hanno evidentemente perduto i contatti con la criminalità
organizzata calabrese tanto da avere accettato l'incarico da parte di Buzzi di prendere contatto con la cosca Mancuso di Limbadi». Per i magistrati romani, i due «avevano a disposizione anche armi».
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero