Sembrava imprendibile e intoccabile. Le inchieste da almeno da più di 30 anni l’avevano indicato come l’”anima nera” del crimine capitolino più spietato e ramificato. E,...
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Lui è Massimo Carminati, 56 anni, sguardo di ghiaccio, comportamento freddo e distaccato, un passato fra i terroristi neri dei Nar ma soprattutto un esponente di spicco della famigerata banda della magliana, la holding criminale che ha imperversato a Roma con omicidi e traffici di ogni tipo fiancheggiata da servizi segreti e entità politiche. E gli arresti eccellenti di oggi dimostrano che il banditismo romano non è mai morto e che Carminati ne recitava un ruolo di primissimo piano come un ”puparo” che ne tirava silenziosamente i fili di morte e di affari da milioni di euro.
Un arresto che sembrava impossibile quello di Massimo Carminati che è sempre riuscito a uscire indenne da qualunque inchiesta. Indagini storiche sulle stragi italiane e su altri fatti clamorosi. Vengono alla mente le assoluzioni per il depistaggio per la strage della stazione di Bologna e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Massimo Carminati mentre era alla sbarra a Perugia per rispondere dell’omicidio Pecorelli, si macchiò di un un furto senza precedenti, un altro mistero d’Italia, che avvenne proprio a ridosso della sentenza. Era il 2000 quando Carminati con altri personaggi della banda della Magliana riuscì a svaligiare il caveau della banca all’interno della Città Giudiziaria di Roma. Furono aperte oltre duecento cassette di sicurezza di magistrati e avvocati. Un colpo che per gli inquirenti aveva la finalità di ottenere documenti scottanti e ricattatori. In carcere finirono anche alcuni carabinieri complici della banda che agì indisturbata nel fortino della Legge.
Massimo Carminati l’intoccabile, il criminale complice di terroristi sanguinari come la Mambro e Fioravanti oggi è stato arrestato dopo anni che le informative degli inquirenti lo inquadravano come un boss romano fra i più temibili. La sua zona era quella di Corso Francia dove, sempre secondo gli investigatori, grazie alla sua impunità e al suo sangue freddo, era riuscito ad essere l’uomo cardine per gli affari criminali in città. «A Roma anche la ’ndrangheta e la camorra dovevano sentire il parere di Carminati per i loro affari», questo il parere di un inquirente.
Così come era stato capace di costruire e di gestire un fiorente traffico di videopoker: affari per milioni di euro. La Distrettuale Antimafia ne aveva monitorato anche i rapporti con Michele Senese boss della camorra che ha spadroneggiato a Roma e ora recluso in carcere con l’ergastolo. Su di lui erano caduti i sospetti su alcuni recenti omicidi accaduti a Roma. Era soprannominato il ”cecato”: da giovane mentre trasportava la valuta della Magliana in Svizzera era stato crivellato di colpi dalla polizia e così aveva perso un occhio. Massimo Carminati è il ”Nero”: il killer spietato che spadroneggia nella ”fiction” sulla banda della magliana. Un arresto fondamentale quello di Carminati per bloccare il crimine romano più segreto e pericoloso. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero