Luca Sacchi, la confessione del killer: «Ecco dove ho nascosto il bastone e la pistola»

Luca Sacchi, la confessione del killer: «Ecco dove ho nascosto il bastone e la pistola»
«Lo so perché siete qui. Ho fatto una cavolata. Vi seguo». Si è rivolto così a polizia e carabinieri, quando è stato preso, nella notte, in...

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«Lo so perché siete qui. Ho fatto una cavolata. Vi seguo». Si è rivolto così a polizia e carabinieri, quando è stato preso, nella notte, in un hotel di San Basilio, Valerio Del Grosso, 21 anni, padre di un bimbo di sei mesi, che si è autoaccusato di essere il killer di Luca Sacchi: il ragazzo ucciso alla Caffarella con un colpo di grosso calibro alla testa. Vestito con tuta grigia, scarpe da ginnastica e capelli rasati ai lati, si è lasciato ammanettare. Soprattutto, il giovane, come si legge nell'ordinanza, ha «guidato gli investigatori in tre posti diversi ove aveva nascosto rispettivamente la borsa, l'ogiva e il portafogli», poi recuperati, «nonché un quarto posto impervio ove aveva gettato il tamburo dell'arma e la mazza utilizzata nel delitto».


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Quando è stato fermato. Del Grosso è apparso frastornato, come se non si rendesse conto di quanto accaduto. «Sì, sono stato io a sparare - ha raccontato agli investigatori - ma non ho mirato, non volevo uccidere. Dopo ore da quel maledetto sparo, da casa, mi sono collegato a internet e così ho appreso che avevo ucciso quel ragazzo. Avrei potuto mirare a una gamba, a un braccio, ma poi quando mi sono trovato con la pistola in mano ho tirato il grilletto senza sapere che l'avrei preso alla testa. Ho sparato ma non credevo che l'avrei ucciso». Difficile capire, al momento, se le sue parole siano sincere oppure dettate dal tentativo di evitare un'accusa di omicidio premeditato. I fatti parlano chiaro ed è lui stesso ad ammetterlo: con il suo amico si sono presentati armati con una pistola di grosso calibro.
 
Del Grosso viene da una buona famiglia, il padre fa il noleggiatore, la madre ha avuto l'intuizione di cosa era successo e ha mostrato carattere nel denunciarlo alla polizia. «Parlo un italiano corretto - spiega Valerio - mentre i miei amici di borgata parlano in romanesco. So cucinare bene, mi occupo di piatti molecolari. Ho sbagliato. Ho fatto una cavolata». Ma in quell'uso della parola cavolata, agli occhi degli inquirenti, fa trasparire la totale incoscienza, gli effetti della droga e delle cattive amicizie. «Lo ammetto avevo tredici anni quando ho provato per la prima volta la cocaina. Mi piacciono le serie criminali, ho visto Gomorra, Romanzo Criminale».

COME UN AUTOMA
Gli investigatori gli fanno domande di prammatica e Del Grosso risponde come un automa: «Siamo andati lì perché volevamo rapinare lo zainetto. Poi quel ragazzo ha reagito e io ho estratto la pistola e ho sparato e l'ho visto cadere a terra». Sembra quasi che Valerio abbia raccontato la scena di un gioco alla Play Station. Però quando lo interrogano per sapere dove ha buttato l'arma e chi gliel'ha data, prende tempo, sembra fare calcoli: «Non lo so dove ho preso la pistola. Non mi ricordo che fine ha fatto». Ma poi saranno lui e il complice a indicare dove trovare il bastone e lo zainetto color rosa rapinato alla ragazza di Luca Sacchi.

«Ho lavorato in alcuni ristoranti, so fare bei piatti. Sono forte a cucinare», aggiunge Del Grosso che rischia di non vedere per tanto tempo il figlio appena nato. Quando viene portato via da alcune pattuglie per essere poi trasferito in Questura, continua a ripetere: «Ho fatto una cavolata». Nelle foto pubblicate dai siti appare spavaldo come se non capisse in che tragica storia si è infilato. «Ora mi portate in carcere?», domanda agli investigatori. E quasi l'ora di pranzo, quando lui viene portato in carcere, dove è logico ritenere che vi rimarrà per tanto tempo.
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Il Messaggero