Leonardo Muratovic ucciso ad Anzio, il fratello: «I vigilantes l’hanno attirato in trappola. È stato consegnato al killer»

«Quei ragazzi hanno le mani sporche di sangue, sanno bene chi ha ucciso Leo»

Leonardo ucciso ad Anzio, il fratello: «I vigilantes l’hanno attirato in trappola. È stato consegnato al killer»
Mio fratello è stato consegnato al suo assassino: i vigilantes hanno le mani sporche del sangue di Leo». Piange, si dispera, cerca di recuperare per qualche istante...

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Mio fratello è stato consegnato al suo assassino: i vigilantes hanno le mani sporche del sangue di Leo». Piange, si dispera, cerca di recuperare per qualche istante la lucidità Daniel Muratovic, il fratello maggiore di Leonardo. Le indagini su quanto avvenuto al Bodeguita Beach sabato notte sono ancora in corso. 


Il sospetto è che Leonardo non sia stato protetto dagli agenti quindi...
«No, anzi. Da quanto mi è stato riferito, Leo era nel locale e due uomini della sorveglianza lo hanno rintracciato all’interno e accompagnato fuori dove lo stavano aspettando. Ecco perché dico che è stato consegnato».


È riuscito a ricostruire il movente?
«So solo che mio fratello era uscito con il suo migliore amico e la fidanzata e che me l’hanno ammazzato. Era un ragazzo pulito, per bene. Viveva ancora con i miei genitori e stava trascorrendo una serata come tante. La responsabilità è di chi doveva garantire la sicurezza e non lo ha fatto. Anche perché, e questo lo hanno subito ammesso, i vigilanti non volevano problemi e per questo lo hanno portato fuori».
Così le è stato riferito?
«Esatto. Ci conosciamo tutti, anche io ho frequentato quel locale e conosco i ragazzi della sicurezza. Il problema è nato perché non volevano avere problemi all’interno. Ma gli amici di Leo mi hanno detto chiaramente che lo hanno chiamato e per quello è uscito. Altrimenti, sarebbe rimasto con l’amico e la fidanzata».
Suo papà in commissariato ha incrociato gli agenti della sicurezza e ha dato in escandescenze ...
«Mio padre è malato, molto malato e ha appena perso un figlio. Non ero dentro il commissariato, ma siamo carichi di rabbia. Mio fratello era nel fiore degli anni, era sereno, felice. Pronto a vivere la sua vita e invece ora non c’è più. Era anche in un momento di cambiamento».


Cioè? 
«Negli ultimi mesi, si era molto avvicinato a Dio e alla religione. Stava cercando di dare un senso a tutta la sua vita e al suo futuro ecco perché era diventato anche molto più riflessivo. Davvero non capisco perché ce lo hanno ucciso così, in questo modo assurdo. Ora vogliamo giustizia e sapere chi è stato a toglierci Leo per sempre».
Il sospetto è che dietro la rissa ci siano amicizie legate ad ambienti poco raccomandabili: è plausibile?
«No, non penso proprio. Leo era uno sportivo, era un bravissimo ragazzo legato alla sua famiglia e agli amici. Però c’erano tanti, tantissimi testimoni. Tra Anzio e Aprilia, qualcuno sa chi è il killer di mio fratello»
Anche lei ha un nome per l’assassino di suo fratello? Si è confrontato con gli investigatori? 


«Dico solo che di vista ci conosciamo tutti. Come ho riferito ai poliziotti, ho dei sospetti ma non ho certezze. Voglio solo sapere chi ha accoltellato Leo a morte e perché. Anche se so che conoscere la verità, non mi restituirà mio fratello. Glielo devo e lo devo alla mia famiglia che non si riprenderà mai da questo dramma e da questa morte assurda». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero