Egiziano ucciso a Monteverde, il racconto: «In Italia insieme da vent'anni ma frequentava gente strana»

Egiziano ucciso a Monteverde, il racconto: «In Italia insieme da vent'anni ma frequentava gente strana»
Alle dieci del mattino, la persona che più di ogni altra potrebbe raccontare chi era quel fagotto che giace tra due auto avvolto nelle buste di cellophane, ha davvero poca voglia...

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Alle dieci del mattino, la persona che più di ogni altra potrebbe raccontare chi era quel fagotto che giace tra due auto avvolto nelle buste di cellophane, ha davvero poca voglia di parlare. Per la paura e per il dolore. «Era scomparso da tre giorni, aveva 47 anni, eravamo venuti via dall'Egitto insieme, vent'anni fa, in cerca di fortuna». Abitano, o forse sarebbe meglio dire “abitavano” insieme, in via Monteverde 5, a poche decine di metri dal posto in cui hanno trovato il corpo martoriato di El Sayed. Il coinquilino della vittima vende fiori all'incrocio tra via Monteverde e piazzale Enrico Dumont; di tanto in tanto ne allunga uno ai passanti, come se volesse dissimulare la conversazione con un estraneo. Ha paura e si vede, Amir. Dice di chiamarsi così, ma si contraddice anche sul nome. Non vuole guai perché ha capito che chiunque abbia sfidato le telecamere di sorveglianza per recapitare quel corpo ingombrante a casa dei fratelli (che abitano a poca distanza) voleva lanciare un segnale preciso: non scherzate con noi. Qualcuno ipotizza che ci sia una donna di mezzo, una signora dell'Est, romena, in stato interessante. Ma Amir non ci crede. In vent'anni ha imparato a conoscere i pericoli di Monteverde, quelli veri. Che si materializzano solo quando ci sono in ballo molti soldi, quelli che porta la droga. «Non voglio dire che El Sayed c'entrasse qualcosa con lo spaccio, per carità. Però frequentava persone che non conoscevo, che non mi piacevano. E cose del genere, finora, le hanno fatte solo i trafficanti».




LA DROGA

Uno che più o meno sembra pensarla così è Roberto, fa il pasticcere ed è quello che ha trovato il cadavere. Il sacco, spiega, era tra due auto parcheggiate di fronte al suo locale. «Dicono che fosse qui già da ieri sera – esordisce – io ho chiuso alle sette e mezzo, ma non l'ho visto. Me ne sono accorto soltanto stamattina». Anche lui parla di contatti tra l'egiziano e tipi loschi, dei quali non sa o non vuole parlare. D'altronde gli investigatori, guidati dal capo della Mobile Luigi Silipo, un'idea già se la sono già fatta. S'indaga sulle frequentazioni. Nel mirino, secondo indiscrezioni, ci sarebbe il sottobosco dello spaccio nel quartiere, in lotta con altre zone della città.



Gli episodi si infittiscono. A Casal Bruciato, dieci giorni fa, un italiano è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco. Un vero e proprio agguato. La vittima è stata avvicinata mentre era al capolinea dei bus. Dopo avere portato a termine la spedizione punitiva, il sicario si è dileguato. C'è poi il tentato omicidio ai danni di Cristian Salvati, 41 anni, ferito alla gamba. Lui, nel lontano 1997, a Torpignattara, fa fuori una big dello spaccio. Rosanna Iannacone è morta ammazzata all'età di 36 anni. Per il delitto, è stato arrestato anche Alberto Janni. Indagando su autori e movente, i magistrati hanno ricostruito la dinamica. I due, quella sera, erano gonfi di birra. Una volta certi di avere la donna a portata di tiro, hanno sparato come diavoli. Poi, sono tornati a bere. Quando la macchina dei soccorsi è giunta sul posto, ai poliziotti non è rimasto altro che delimitare la scena del crimine. Rosanna Iannacone è deceduta sul colpo, il cadavere è stato rinvenuto nell'abitacolo della sua auto.



GUERRA TRA CLAN


Cinque anni prima, un commando aveva accoppato il compagno, Claudio Gaglieti, trovato faccia in giù al Tuscolano. Cristian Salvati è stato già dimesso dall'ospedale. I medici gli hanno estratto i proiettili. Secondo una prima valutazione dei sanitari, il pregiudicato non dovrebbe riportare ulteriori conseguenze dal ferimento. Di più: un anno fa, un duo armato è entrato in azione nel quartiere di Tor Bella Monaca, sparando all'indirizzo del nordafricano Ahmed Omar. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero