In una busta un pezzo di pane avvolto nella carta, un sapone e una maglietta, negli occhi ancora il ricordo delle onde che mangiano corpi di donne e bambini, in tasca gli ultimi...
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IL VIAGGIO
Alex dall’istituto di Ponte Mammolo ha raggiunto la stazione Tiburtina e ha preso il treno per Milano. Ora vive in strada, vicino alla stazione Porta Venezia. «Mi mancano ancora cento euro - dice - poi potrò ripartire e raggiungere la Germania, so che lì c’è lavoro, a Roma non c’è futuro». Il viaggio di Alex verso un futuro migliore è iniziato mesi fa, da un paesino dell’Eritrea al confine con il Sudan: «Un mese per arrivare in Libia, mille euro per salire sul barcone della morte» racconta.
A Lampedusa ha incontrato Bartolomeo Maggiore, detto Lillo, isolano dal cuore grande che lo ha invitato a cena tante volte. «Lillo è un amico, mi telefona, è preoccupato per me, non voleva che lasciassi Roma, ma io devo andare in Germania, non ho speranze in Italia» dice Alex. «Ho contattato la Caritas di Milano - racconta Bartolomeo - ma Alex non vuole restare, dorme in strada, sono preoccupato».
I BIMBI PROFUGHI
Bartolomeo anche in passato ha aiutato i migranti che fanno tappa a Lampedusa. «Nel 2009 - racconta - quando il centro di accoglienza era chiuso per l’incendio ho ospitato molti giovani». Il sogno di Bartolomeo è «avere in affidamento uno dei bimbi del Centro di accoglienza di Lampedusa, sono in contatto con Aibi, l’associazione Amici dei bambini. Ho anche scritto al ministro Cecile Kyenge per chiedere il suo aiuto».
NORD EUROPA
Intanto il cuore di Bartolomeo batte per Alex: «Sono preoccupato, dorme in strada. Non capisco perché è andato via da Roma». «A Roma stavo bene - racconta l’eritreo - mi davano da mangiare, ma non c’è lavoro. Sono andato via con altri connazionali: proseguiamo il viaggio iniziato insieme su quel barcone e insieme vogliamo raggiungere la Germania».
Il sogno di Alex e dei suoi connazionali non poteva fermarsi a Roma. «Lo abbiamo promesso alle nostre famiglie, lo abbiamo promesso a noi stessi: dobbiamo trovare un lavoro, inviare i soldi a casa, non possiamo fermarci». Quando Alex e i suoi connazionali hanno lasciato l’istituto salesiano non hanno avvertito, sono andati via raccogliendo velocemente in una busta i pochi effetti personali. Erano liberi di andare via, nel centro erano ospiti, potevano restare sei mesi in attesa di ricevere lo status di rifugiati politici. Ma quasi nessuno lo ha chiesto. Vogliono proseguire il viaggio verso il Nord Europa. Insieme, ancora una volta.
laura.bogliolo@ilmessaggero.it
Il Messaggero