Pietro Genovese finirà a processo con l’accusa di omicidio stradale plurimo aggravato, per aver investito e ucciso con la sua auto le due adolescenti, Gaia Romagnoli...
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Gaia e Camilla, disposta maxi-consulenza sulla dinamica dell'incidente
LA PERIZIA
Secondo la sua relazione, Pietro Genovese non poteva vedere Gaia Romagnoli e Camilla von Freymann prima del tragico impatto su Corso Francia. E le due vittime dell’incidente non potevano vedere l’auto in arrivo. A consentire la ricostruzione, oltre alle testimonianze e ai calcoli eseguiti sull’auto, sono state le immagini catturate dalla telecamera del “Compro oro” all’altezza del civico 137 di corso Francia. L’apparecchio immortala la scena 47 metri prima del punto di impatto. E riprende, prima della Renault guidata da Genovese, un’altra auto bianca, che viaggiava a velocità sostenuta. Un testimone racconta che quella vettura ha rischiato di investire le due ragazze che attraversavano fuori dalle strisce pedonali, a circa 15 metri, e con il semaforo rosso per i pedoni. Con quella manovra, la vettura bianca - che non è mai stata rintracciata - avrebbe “chiuso” la visuale per chi era dietro. E alle spalle c’era, appunto, l’auto di Genovese, che era partita con il semaforo verde qualche decina di metri prima.
UN SECONDO
Per il perito, sarebbe bastato un secondo e mezzo di ritardo per evitare l’impatto: se il ragazzo, ai domiciliari dal 26 dicembre scorso, l’avesse affiancata un attimo prima, avrebbe visto Gaia e Camilla. Scrive il perito: «È evidente che nelle fasi antecedenti due secondi dall’impatto, né Genovese né i pedoni potevano reciprocamente avvistarsi». E aggiunge: «L’impianto semaforico che regolava l’area di intersezione tra corso Francia e via Flaminia non consentiva il transito simultaneo dei veicoli diretti dal Gra verso Roma centro (Genovese) e dei pedoni, che provenivano dal lato Ponte Milvio ed erano diretti verso la collina Fleming (Gaia e Camilla)».
L’IMPATTO
Secondo le conclusioni della procura l’impatto si è verificato in un’area sufficientemente illuminata fino all’inizio della rampa della tangenziale «In conclusione – si legge nel documento – Genovese poteva scorgere la presenza dei pedoni solo dopo avere affiancato l’autovettura ignota e quindi la sua mancata reazione a fronte della situazione di pericolo è compatibile con l’avvistamento della Romagnoli e della von Fryedmann in un tempo nell’ordine di un intervallo psicotecnico in orario notturno che la letteratura scientifica quantifica in poco più di un secondo».
Il Messaggero