La sicurezza a Roma/La spirale di violenza che nessuno controlla

La sicurezza a Roma/La spirale di violenza che nessuno controlla
La Roma del degrado e dell’abbandono, della miseria profonda e dell’oscuro mondo dei clochard. Questa Roma ci consegna, ancora una volta, ormai senza stupore, il...

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La Roma del degrado e dell’abbandono, della miseria profonda e dell’oscuro mondo dei clochard. Questa Roma ci consegna, ancora una volta, ormai senza stupore, il corpo senza vita di una donna assassinata. Nuda, gli abiti con la borsetta senza documenti accanto al cadavere, uccisa con un colpo al capo. L’hanno trovata molte ore dopo. Per la polizia potrebbe essere una brasiliana senza fissa dimora, di quelle figure sfuggenti che girovagano per gli antri della città e si spingono fin dentro il centro storico in cerca di un giaciglio qualsiasi, un riparo dal freddo della notte, forse anche in cerca di una provvisoria compagnia. 


<HS9>I medici legali dicono che oltre alla profonda ferita al capo aveva una caviglia spezzata, forse in seguito a una colluttazione o qualcosa del genere. E pensano, i periti, che sia stata violentata. Gli approfondimenti clinici in corso diranno di certo qualcosa di più. Per adesso, come si dice, è un “giallo” che si colloca a poche centinaia di metri da via Veneto, la via dei grandi alberghi anche se la vita notturna da anni spegne le proprie luci prima di mezzanotte. Nelle prossime ore, dopo averla identificata, se ne saprà di più della sua vita di girovaga, delle sue eventuali relazioni, dei luoghi che frequentava, chi la conosceva. <HS9><HS9>

<HS9>Per ora c’è da fissare il posto della sua morte. Una scala che s’inoltra nel buio, un sottopasso all’altezza di piazza Croce Rossa, a Corso d’Italia, uno dei mille rifugi provvisori e maleodoranti frequentati dal popolo dei fantasmi in cerca di un riparo qualsiasi, tra buste di plastica, cartoni di imballaggi trafugati fin dentro i cassonetti della spazzatura. Eppure, in questo antro senza neppure una traccia di decoro si sono esercitati i “graffittari”, lasciando le loro insegne goffe e colorate, le firme a geroglifico del loro insulso passaggio.

<HS9>Un delitto, un atroce delitto, una vita spezzata da una violenza feroce, avvolta dalle tenebre permanenti di un rifugio precario e inospitale. L’ennesima aggressione a una donna, come quella di poche settimane fa compiuta da uno straniero a villa Borghese, botte e violenza carnale a cielo aperto. In quel caso la polizia ha ricostruito i fatti, identificato il colpevole.

Un delitto, quello del sottopasso, che s’iscrive in un’incuria dilagante che interessa ogni luogo esposto all’abbandono, al disinteresse verso il bene pubblico. La condizione dei clochard, verso i quali le difficoltà delle istituzioni rasentano talvolta la più completa noncuranza (a parte l’opera meritevole, in qualche sito, dei volontari della notte che distribuiscono pasti e conforto) resta sempre aperta e irrisolta: piccoli e sporadici interventi lasciano le cose come stanno e il fenomeno, più che altro, produce aggregazione clandestina e s’ingigantisce.
<HS9>Ad ogni fattaccio il Comune promette interventi d’urgenza e severi controlli e perfino l’uso diffuso di telecamere per sorvegliare le zone a rischio.

Ecco, il circo delle buone intenzioni che non riescono a tradursi in fatti, è popolato di promesse e di progetti ma ben poco si realizza. Non c’è uno studio serio sul vagabondaggio, non c’è sintesi d’intenti tra le diverse istituzioni, non c’è una determinazione tangibile verso un mondo disgregato e disgraziato dove, va detto, insieme alla povertà estrema e spesso a forme di follia si mescolano alcolismo e violenza, protesi permanenti di un abbandono totale verso un minimo di decoro e di assistenza.

<HS9>E così, a cadenze quasi regolari, riscopriamo che l’emarginazione assoluta diviene madre del delitto, dell’aggressione, della violenza carnale.
E’ triste dover constatare che l’assalto al degrado, al decoro che scompare come valore inalienabile, diventano un brand che connota la città più bella del mondo.

<HS9>Un marchio di fabbrica al quale non possiamo abituarci, che rifiutiamo con assoluta determinazione, che non ci deve appartenere, al di là della morte annunciata di una clochard violentata, in cerca di identità in attesa della sepoltura.
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Il Messaggero