Domanda banale: dove abiti? A Ponte Milvio. E subito avverti che la distrazione diventa attenzione, le antenne vibrano, la testa s'inclina come quando i cani non capiscono, e...
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Un'occhiata a Raffaello Sanzio e si guarda la Storia. Oggi che storia è? Come si potrebbe rappresentare la stessa veduta su Ponte Milvio? Forse non è necessario, la piazza gremita è già un'istallazione di se stessa che mai si potrà rappresentare meglio. E che mai si può immaginare vuota. Ma all'improvviso arriva l'epidemia, le restrizioni, i divieti di assembramento, i locali chiusi, altro che aperitivi, abitudine sempre più precoce che inquina le viscere in quella fascia d'età e deturpa la lingua in ogni fascia. Ma che italiano è facciamo un aperitivo? Tutti barman? Mentre scrivo è sera, dove saranno in questo momento le centinaia di ragazze e ragazzi che ciondolavano, occhio spento e sigaretta accesa, col bicchiere in mano? Dove ciondoleranno? Di questi tempi il locale più frequentato di Ponte Milvio è la farmacia, e l'età si è alzata di molto. Ora attraversi la piazza in una manciata di secondi, e se la guardi dal sagrato rialzato della chiesa in cima al piazzale che fa da spartiacque fra la Cassia e Orti della Farnesina, lo sguardo arriva libero al Tevere, accolto dalla torretta di Valadier. Intorno nulla, sparito il passeggio degli innamorati orfani dei loro lucchetti, spariti i turisti e i ciclisti, resta lui, il Ponte Mollo, eterno oltre ogni pandemia, testimone di tanto, in attesa di altrettanto.
Il Messaggero