Roma, un mucchio di lapidi del cimitero gettate in una discarica abusiva

Roma, un mucchio di lapidi del cimitero gettate in una discarica abusiva
Lapidi ancora intere, altre rotte tra i calcinacci, foto di defunti coperti dalla polvere, croci e altri arredi sacri accatastati alla rinfusa in una traversa di via Prenestina...

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Lapidi ancora intere, altre rotte tra i calcinacci, foto di defunti coperti dalla polvere, croci e altri arredi sacri accatastati alla rinfusa in una traversa di via Prenestina Nuova, zona Rocca Cencia. La lastra della tomba di Giancarlo, in marmo bianco, è abbandonata sotto una coltre di erbacce, accanto a una rete metallica arrugginita lungo la strada di campagna, in un'area industriale dove però ci sono diverse abitazioni e villette.




La lapide è spaccata in più parti ma il nome si può leggere ancora. Così come la sua data di nascita e il giorno della sua morte. Accanto alla foto in bianco e nero, c'è una montagna di altre lapidi abbandonate, scaricate sul ciglio della strada tra bottiglie di birra, buste di plastica, calcinacci, lampadine, tubi. Ma da dove provengono? Chi le ha portate fin qui? E perché? E' un mistero per i residenti che andando a prendere l'autobus hanno fatto questa macabra scoperta: «Tombe smontate e buttate via come immondizia nel fango. Ora bisogna scoprire i colpevoli». Scaricare i rifiuti in questa zona della città è un gioco da ragazzi per gli incivili: l'area è vasta, si può raggiungere facilmente con auto e furgoni.



TRA RIFIUTI E POZZANGHERE

«Non si sa da dove arrivano, da dove sono state prese e portate via - racconta un abitante - So solo che è una vergogna. Non vorrei che derivassero dallo smaltimento dei materiali dopo le ultime esumazioni fatte nei cimiteri comunali. Qualcuno deve assolutamente indagare».







Tra i rifiuti e le pozzanghere spunta la foto di una ragazza, giovane, bella, capelli lunghi neri, il suo nome non c'è «ma lo sguardo di quell'immagine mi è rimasto impresso nella mente», dice un anziano della zona. «Queste lastre sono state abbandonate un paio di giorni fa, pensavo ai soliti calcinacci scaricati da qualche camion - racconta un ragazzo che vive sulla stessa via - uscito dal cancello di casa mentre ho anche scherzosamente avvertito mia moglie di questa montagna di marmo, ma più mi avvicinavo e più non credevo ai miei occhi: vere e proprie lapidi. Con tanto di immagini e frasi d'addio. Ma come è possibile? Con l'inciviltà della gente ci combattiamo tutti i giorni, ma davanti a fatti del genere resti davvero senza parole».



IL RACKET

Impossibile per il momento individuare i responsabili. Spesso dietro questi fatti c'è anche il riciclaggio delle tombe “usate”. Invece di smaltirle, le lapidi meglio conservate vengono smontate e rivendute di nascosto alle imprese di pompe funebri: che le rimettono di nuovo in circolazione. Queste forse si era rotte e sono state scaricate? Chissà. Intanto i cimiteri della città continuano a rivelarsi un pozzo senza fondo per gli affari illeciti.



Il racket del caro estinto, cresciuto intorno all'industria dei funerali, ha guadagnato non solo con la sepoltura delle bare, ma anche con la loro riesumazione. Il regolamento dei cimiteri prevede che le macerie siano portate in una discarica e i monumenti in bronzo passino di proprietà del Comune. Ma nessuno controlla. E così, nella confusione delle competenze, può succedere di tutto. Questa è la prova che c'è un gravissimo vulnus (vivit sub pectore vulnus, la ferita sanguina nell'intimo del cuore diceva Virgilio nell'Eneide) un buco nero in un luogo così sacro.



È indispensabile però che non ci si fermi qui, che non ci si fermi alla scoperta dei responsabili. Non basta. Alcuni cittadini hanno ricordato una frase scritta su alcune Tavole del V secolo a.C. dagli antichi romani: «Deorum manium iura sancta sunto». I diritti dei morti sono sacri, lo scrivevano allora e lo ripetono oggi.




elena.panarella@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero