James Senese in concerto all'Hacienda a Roma: «Salgo sul palco e Pino Daniele è sempre con me»

Parla James Senese, iconico musicista napoletano che stasera si esibisce a Roma: «Porto la nostra “Chi tene 'o mare”. È il mio modo di omaggiare un grande amico»

James Senese in concerto all'Hacienda: «Salgo sul palco e Pino Daniele è sempre con me»
Il 2024 di James Senese non è iniziato nel migliore dei modi. Una piccola frattura alla caviglia ha costretto l'iconico napoletano, vero nome Gaetano Senese, 79 anni e...

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Il 2024 di James Senese non è iniziato nel migliore dei modi. Una piccola frattura alla caviglia ha costretto l'iconico napoletano, vero nome Gaetano Senese, 79 anni e un curriculum da superstar internazionale (il suo incredibile viaggio musicale, dagli scantinati della Napoli degli Anni '60 ad oggi, passando per i Napoli Centrale e le avventure con Pino Daniele, è stato raccontato nel 2020 dal regista Andrea Della Monica nel bellissimo James, presentato al Festival del Cinema di Venezia), a rimandare alcune date del tour legato all'album Stiamo cercando il mondo, uscito lo scorso anno. Un incidente che ha creato un po' di scompiglio nel calendario dell'artista. «Appena salgo sulla pedana gli acciacchi e la stanchezza scompaiono. Il pubblico, poi, è sempre così affettuoso nei miei confronti. Si entusiasma in modo tremendo», sorride oggi il “nero a metà” della musica italiana, che dopo aver rinviato due volte la tappa romana della tournée, originariamente prevista lo scorso 24 febbraio (era slittata al 23 marzo, poi di nuovo posticipata), è pronto finalmente per esibirsi questa sera sul palco dell'Hacienda.

Lo avete trovato quel mondo che stavate cercando, dopo tutti questi concerti?

«No. Continuiamo a cercarlo. È difficilissimo trovarlo, sa?».

Perché?

«Perché è un mondo che non c'è. È un mondo ideale, forse anche un po' utopico, senza guerre, senza conflitti, senza barbarie: nel mondo che descrivo io nei brani che compongono il mio ultimo disco trionfano invece i sentimenti positivi. Quello che cerco lo vedo sotto al palco durante i miei concerti: i ragazzi e le ragazze che vengono ad ascoltarmi si lasciano andare, si abbracciano ballano. È come se fossero tutti fratelli e sorelle. Guardandoli, gli anni che ho diventano venti (ride). I musicisti della mia band, che hanno chi dieci o chi addirittura trent'anni meno di me, rimangono a bocca aperta (lo accompagnano Fredy Malfi alla batteria, Rino Calabritto al basso e Alessio Busanca alle tastiere, ndr): a volte faticano a starmi dietro, per quanto sono incontenibile».

I giovani la chiamano maestro: le fa piacere?

«Non ci faccio nemmeno caso. Ma se sentite di chiamarmi così, evidentemente è perché il titolo di maestro me lo sono guadagnato sul campo, in questi sessant'anni e passa di musica, tra dischi e chilometri e chilometri macinati sul furgone: io non sono un prodotto del conservatorio, ma della strada».

Che vuol dire?

«Che per raggiungere questo status di cui lei mi parla, quello di maestro, ho impiegato molto più tempo di tanti colleghi che invece hanno seguito strade più istituzionali rispetto alla mia: ho lottato contro tanti pregiudizi. E continuo a farlo».

Pregiudizi legati a cosa?

«Al fatto che sono sempre stato percepito come un irregolare. Uno fuori dai canoni. Sto ai Napoli Centrale come Maurice White sta agli Earth, Wind & Fire. Me ne vanto. Basti ascoltare i nove pezzi di Stiamo cercando il mondo. Con il mio sax spazio dal jazz-funk alla musica latina,passando naturalmente per la tradizione partenopea. È un lavoro sincero e appassionato, in linea con quella visione artistica priva di compromessi che mi ha contraddistinto fin dai tempi degli Showmen con Mario Musella e dei Napoli Centrale con Franco Del Prete, passando per il profondo legame con Pino».

Lo omaggia in concerto?

«Sempre. Suono la nostra Chi tene 'o mare. E ogni volta non riesco a non emozionarmi».

È vero, come racconta spesso durante i suoi concerti, che il fantasma di Pino Daniele viene spesso a trovarla?

«Sì. Io penso di riuscire a vedere cose che gli altri non vedono. Quando sul palco racconto che Pino è vicino a me, non lo dico tanto per dire: non è da me. Lo dico perché ci credo davvero».

Hacienda, via dei Cluniacensi 68. Stasera, ore 21. 

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Il Messaggero