Roma, insegnante massacrata dal compagno, l'autopsia rivela: fu prima strangolata

Roma, insegnante massacrata dal compagno, l'autopsia rivela: fu prima strangolata
L'ha prima strangolata e poi sfigurata. Non solo i colpi alla testa con un attrezzo da palestra. I risultati dell'autopsia ricostruiscono l'orribile morte di Michela...

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L'ha prima strangolata e poi sfigurata. Non solo i colpi alla testa con un attrezzo da palestra. I risultati dell'autopsia ricostruiscono l'orribile morte di Michela Di Pompeo, 47 anni, la professoressa di tedesco alla Deutsche Schule Rom, uccisa il primo maggio in casa, in via del Babuino, dal compagno, Francesco Carrieri, 55 anni. Il medico legale del Gemelli Massimo Senati ha ritenuto che la morte sia sopraggiunta in tempi rapidi e con una doppia azione: l'asfissia al collo e al torace combinata alla frattura multipla del capo. Otto colpi al viso e alla testa con un manubrio da body building pesante cinque chili. La vittima dormiva quando il compagno si è accanito su di lei immobilizzandola, probabilmente con l'avambraccio o il ginocchio premuto sul collo e sul torace. «E' possibile ipotizzare - sono le conclusioni del consulente - che a quel punto si sia verificata una rapida stasi circolatoria, con perdita di coscienza».

INDIFESA
Nessuna possibilità di reazione quindi per la vittima. Nemmeno di proteggersi, quando il compagno poi si è accanito con l'attrezzo da palestra. L'orario della morte è stato nel cuore della notte, dopo le 3.45. L'uomo, si era costituito alle 5.35 presentandosi sotto choc alla caserma dei carabinieri: «Ho ucciso la mia compagna. Il corpo sta qui, a casa». Gli investigatori l'hanno trovata supina sul letto, con un piede poggiato a terra. Indosso solo una canottiera nera. Francesco Carrieri, dirigente del Banco Popolare, più che ancora in preda all'odio o alla disperazione, sembrava assente. «Non volevo farlo. Non so perché l'ho fatto», si era giustificato poi durante l'interrogatorio di garanzia.

Il pm Pantaleo Polifemo ha disposto una perizia psichiatrica affidata a Stefano Ferracuti, esperto in psicologia clinica e docente alla Sapienza. Gli inquirenti sono ancora al lavoro. Vogliono accertare, al contrario della ricostruzione dell'omicida, se l'atto sia stato premeditato, pianificato. Il bancario, due matrimoni falliti alle spalle e amante delle serate coi vip, ma da qualche tempo scosso da cicliche crisi depressive, anche se parlando a singhiozzo, ha sempre negato di aver ucciso la compagna perché covava rancore, perché lei era decisa a lasciarlo. Ha smentito anche la lite della sera prima che sarebbe stata riferita da un condomino. «Non eravamo in casa. Eravamo usciti. Posso provarlo», ha detto. «Non c'è stato un motivo scatenante. Non lo so cosa sia successo. Mi sono ritrovato con lei vicina in quelle condizioni». Le due figlie della professoressa uccisa, assistite dall'avvocato Remo Pannain, sono pronte a costituirsi a parte civile.
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Il Messaggero