Mostre, il sangue delle donne secondo Renata Rampazzi

Mostre, il sangue delle donne secondo Renata Rampazzi
La sofferenza delle donne come la passione di Cristo. Inaugurata la mostra della pittrice Renata Rampazzi all'Aranciera di Villa Borghese, presso il prestigioso Museo...

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La sofferenza delle donne come la passione di Cristo. Inaugurata la mostra della pittrice Renata Rampazzi all'Aranciera di Villa Borghese, presso il prestigioso Museo Bilotti.

Intitolata "Cruor", è presentata a catalogo dallo storico Claudio Strinati. Il titolo, in latino sangue, è un tema che ha radici antiche: il sangue di Cristo e dei martiri è all’origine stessa dell’arte cristiana ed è stato affrontato nei modi più diversi al mutare delle circostanze storiche. In questa occasione manifesta l'urgenza dell'artista di riflettere sul tema della violenza sulle donne.
Nel corso della rassegna è infatti possibile seguire un interessante video commentato dalla scrittrice Dacia Maraini e Claudio Strinati. Numerosissimi i visitatori tra i quali la Sovrintendente Maria Vittoria Marini Clarelli, Claudio Strinati, Gianni Letta, il vice sindaco di Roma Luca Bergamo, il marchese, e padrone di casa, Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona e sua figlia Viviana in dolce attesa. E poi ancora il pittore Giulio Gorga con lo stilista e astrologo Massimo Bomba.

L’esposizione ripercorre la battaglia intrapresa dall’artista sin dagli anni Settanta per la parità delle donne e la loro emancipazione. In mostra 14 dipinti, 46 piccole tele, studi preparatori per la grande installazione composta da 36 garze e un video che, come scrive Strinati, da un lato sono strettamente connesse con una tradizione antichissima ma dall’altro sono completamente indipendenti da qualunque condizionamento storico.

La Rampazzi ha da sempre sentito la necessità di tradurre nei suoi quadri la forza della denuncia contro la discriminazione di genere. A metà tra insofferenza all’ipocrisia borghese e l’urgenza dell’esprimersi, l’artista ha riversato sulle tele la rabbia, il disagio, l’impazienza senza mai sfociare nell’osceno e nell’ovvio ma trovando una forza pulsante e viva nel colore più provocatorio di tutti: il rosso. Mischiando terre e pigmenti, l’autrice dipinge una trentina di garze, simbolo delle medicazioni delle ferite subite dalle donne, in una variazione di rossi, dal più tenue al più vivido. Un vero labirinto emotivo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero