Il papà di Mariam, uccisa da una banda di bulle a Londra: «Ancora minacce, nessuno ci aiuta»

E' a Ostia, dove Mariam è nata e cresciuta, dove correva sul pontile, dove voleva tornare. Ma non c'è tempo per i ricordi, non è qui per questo Hatim...

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E' a Ostia, dove Mariam è nata e cresciuta, dove correva sul pontile, dove voleva tornare. Ma non c'è tempo per i ricordi, non è qui per questo Hatim Dawood Moustafa, il padre della giovane italo-egiziana pestata a morte da un gruppo di bulle a Nottingham lo scorso 20 febbraio. Una baby gang che la perseguitava da mesi (ad agosto le avevano spezzato una gamba) offendendola perché musulmana.

La giovane venne prese a calci e pugni per strada e inseguita dentro un autobus. In ospedale è stata dimessa senza adeguati controlli, quando dopo poche ore ci è tornata era già grave, è entrata in coma, è morta dopo 20 giorni. Quattro autrici dell'aggressione sono state interrogate e liberate, tutto a Nottingham è tornato alla normalità.
 

«Tranne per noi, Mariam mi manca da morire, mia moglie non fa che piangere, come mia figlia, è troppo difficile andare avanti, aveva ragione Mariam che voleva andar via»,
Ci sono state altre minacce?
«Ci bussano la notte alla porta e scappano, hanno di nuovo tirato le uova contro la nostra casa. E il nostro avvocato ha ricevuto una lettera anonima, che dice: “abbiamo ammazzato una musulmana, lascia perdere il caso di Mariam o il prossimo sei tu».
Avete sporto denuncia?
«Sì ma la polizia inglese ha trovato le impronte di quattro persone, due sono sconosciute, due sono dell'avvocato e di suo figlio....».
Lei dice che state subendo un trattamento di serie B dal Regno Unito?
«Io dico che Mariam merita giustizia ma nessuno si sta muovendo. Le sue aguzzine sono libere, all'unica che aveva gli arresti domiciliari glieli hanno revocati, le posso incontrare, può esplodere una miccia in qualsiasi momento».
Ma non è solo questo, vero?

«Già, perché mi aspettavo di più anche dal Consolato, dall'Ambasciata italiana. Nessuno si muove e non è giusto, mia figlia è nata e cresciuta in Italia. Ho bisogno di aiuto, sono tornato a Ostia per questo, mi sento solo là per questo sono qui, spero che prendano a cuore la morte di Mariam, un episodio di razzismo molto grave» Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero