Giovani gamer isolati in casa. E intanto la pasta si scuoce

Giovani gamer isolati in casa. E intanto la pasta si scuoce
«E’ pronto, ragazzi». Cinque minuti dopo, di nuovo: «E’ pronto, la pasta diventa fredda», tutto tace. Nessun cenno di risposta ma nemmeno di...

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«E’ pronto, ragazzi». Cinque minuti dopo, di nuovo: «E’ pronto, la pasta diventa fredda», tutto tace. Nessun cenno di risposta ma nemmeno di aver inteso. Ancora, alla carica: «E’ pronto, a tavola». Silenzio, come parlare al muro, presi dal gioco e in cuffia non arriva loro alcun messaggio dall’esterno. Il pasto dura un attimo, i gamer aspettano, la tavola resta vuota. Un senso di solitudine e frustrazione cova minuto dopo minuto, di lì a poco si scateneranno le urla che sentiranno in stereofonia decine di ragazzi collegati in altre case vicine e lontane.


Colpa di un gioco che tiene i giovanissimi - ma non solo loro - incollati allo schermo. Una battaglia nella battaglia, perché in Fortnite si combatte. Nelle famiglie si litiga: “Ti tolgo tutto” il ricatto quotidiano, consolle e joystick spariscono dalla circolazione e riappaiono perché non è mica facile essere genitori che tengono il punto. Non è facile, perché il videogioco va per la maggiore, si danno appuntamento alle sei, tu pensi “evvai escono” invece è per un torneo virtuale con 100 persone di tutto il mondo. Amici per gioco. Fino a quando non hai ucciso tutti gli altri giocatori e sei l’unico superstite. Gli psicologici avvertono: crea dipendenza. Sofia ha lasciato il suo compagno: gli poteva passare davanti anche in sottoveste ma lui continuava a smanettare con la play infervorato, con la lingua di fuori di chi è concentrato. Per i ragazzi non è solo la pasta che si scuoce, è tutto un mondo che rischiano di perdersi seduti da soli ognuno nella sua stanza.
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Il Messaggero