Dei soldi neppure l’ombra. Un piede sinistro e una caviglia coperti di tatuaggi restano l’unica traccia nel giallo che avvolge la fine di Gabriele Di Ponto. Gli investigatori...
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LA SCENA DEL DELITTO Quello che manca totalmente è la cosiddetta “scena del crimine”. Gli uomini della Squadra Mobile guidata da Luigi Silipo, coordinati in questi giorni di fine agosto da Stefano Signoretti, il vice dell’ufficio, non conoscono ovviamente il luogo in cui sarebbe stato ucciso e forse torturato il pregiudicato di San Basilio. L’omicidio - il fatto che ci sia stato un omicidio viene dato per scontato - «potrebbe essere stato compiuto i qualunque parte di Roma». Ma naturalmente la zona dell’Aniene, a valle di Ponte Mammolo, resta quella privilegiata: baracche, sfasciacarrozze, depositi di “robivecchi”. Non è saltato fuori nulla. Da un punto di vista criminale, ammette uno degli investigatori, il caso è «complesso e in qualche modo “affascinante”: è stato trovato un piede ma finora non si sa dove cercare le tracce del delitto».
GLI ULTIMI MESI Di Ponto aveva numerosi precedenti per rapina e per spaccio di droga. Pur abitando a La Rustica, la parte vecchia di San Basilio restava il suo mondo. Il quartiere da anni è percorso dalle lottetra le bande che gestiscono il traffico degli stupefacenti. Polizia e carabinieri hanno eseguito decine di operazioni nella zona per spuntare le unghie alla criminalità. Ma la malavita è radicata. D’altronde c’è di mezzo un omicidio compiuto con ferocia e le bocche sono cucite. Gli uomini della Squadra Mobile tuttavia stanno cercando di ricostruire la vita di Di Ponto negli ultimi due mesi. Incluse le relazioni con alcuni donne con cui si vedeva, saltuariamente, dopo la fine di un brevissimo e tormentato matrimonio con una nordafricana.
TELEFONINO “INSERVIBILE” Difficile che agli investigatori arrivi nel breve termine un aiuto dal traffico telefonico dell’uomo.
Il Messaggero