Non bastano le attese infinite. Le barelle accatastate nelle sale con clochard ubriachi accanto a ragazze reduci da un incidente stradale, anziane costrette a rimanere seminude...
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Non basta una sala d’attesa con sedie arrangiate e imbrattata da comunicati sindacali che lamentano le condizioni di lavoro di infermieri e personale medico. Non basta un bagno al confronto del quale quello della stazione Termini sembra il Grand hotel.
La sala d’attesa del pronto soccorso dell’ospedale Grassi di Ostia è anche il rifugio di un gatto. Un gatto che è di tutti e di nessuno. Di giorno se ne va in giro chissà dove. E poi tutte le notti torna al Pronto soccorso. Se ne sta lì accucciato sulla scrivania tranquillo dove ci sono i moduli da compilare per essere assistiti.
Con la zampetta gioca con la penna che qualcuno ha legato con una garza medica per evitare che venga portata via. E ogni malato che vuole andare al pronto soccorso deve passare da quella scrivania. Che abbia i crampi allo stomaco, che si sia rotto una gamba, che abbia un principio di infarto o una ferita da taglio.
Il gatto è lì (guardate le foto), a diretto contatto con i malati che attendono di essere visitati e con i parenti che attendono impazienti di avere notizie sui loro cari. E nessuno dice nulla. E non importa se sia vaccinato o no, se sia pulito o no, dove passeggi di giorno e dove abbandoni i suoi escrementi. Quel gatto, benchè bello e buono, nella sala di attesa del pronto soccorso non ci dovrebbe stare. E' una questione di igiene. Per i malati. E anche per il gatto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero