Gang dei poliziotti, Martello il capobanda e i suoi capricci

Gang dei poliziotti, Martello il capobanda e i suoi capricci
Corrado Martello, classe ’62, aspettava la promozione. Non pensava certo, dopo 26 anni in polizia, di finire in carcere, incastrato in una torbida storia di rapine, minacce...

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Corrado Martello, classe ’62, aspettava la promozione. Non pensava certo, dopo 26 anni in polizia, di finire in carcere, incastrato in una torbida storia di rapine, minacce e ricatti. Lui, una carriera specchiata, forse da anni aveva messo tutto in gioco. E venerdì sera ha perso. Era con “Teschio”, al secolo Sergio Doria, il cugino acquisito che al Reparto volanti nessuno rimpiange. Di Doria non si ricordano gli encomi ricevuti, quanto piuttosto la propensione all’arroganza e i frequenti abusi su tossici, prostitute e immigrati. Controlli che si trasformavano in furti. Poi le botte e la violenza sugli arrestati. Un’attitudine che lo aveva portato prima sotto processo e poi al licenziamento. Di anni insieme, Martello e Doria, ne avevano trascorsi tanti: colleghi al Reparto volanti. Prima Martello era stato nei Falchi. Per tre anni era andato in giro per Roma in borghese e non c’era mai stato un inciampo. Sembravano diversi, nonostante la parentela, dice adesso qualcuno in Questura.




LE VOCI

Irreprensibile, dicono in tanti di Martello. Eppure, alla Mobile, qualche anno fa, si sussurravano strane storie sui rapporti tra Martello e i suoi informatori. Alcuni ricordano che viveva al di sopra delle possibilità consentite dall’esiguo stipendio che spetta a un semplice assistente: aveva anche una figlia che studiava all’Università, «ma i capricci se li concedeva». Dicono che per certe situazioni poco chiare sia stato trasferito al commissariato Aurelio subito dopo l’arrivo di Renato Cortese. L’avvocato Michele Corroppoli, che lo difende, invece, racconta un’altra storia: «Aveva chiesto lui di essere trasferito. Il commissariato Aurelio era più vicino a casa e la promozione sarebbe arrivata a breve. E’ tutto un equivoco».



LA SOFFIATA


Ieri al gip di Roma, Donatella Pavone, Martello ha raccontato che si era presentato in casa di quella prostituta capoverdiana a Tor Sapienza dopo una soffiata. Uno dei suoi informatori gli aveva dato la dritta: in quella casa una donna agli arresti domiciliari spacciava abitualmente e lui aveva deciso di andare a controllare. In sette erano saliti su due macchine. C’erano anche Teschio, la gola profonda, e il figlio, un altro poliziotto in servizio e un ex collega, già destituito, proprio come ”Teschio”. Tutti ospiti illegittimi e tanto basterebbe per finire sotto processo, tanto più che la perquisizione immediata, pur prevista dalla legge, non è poi stata sufficientemente motivata. La polizia stradale stava già seguendo gli altri. La denuncia è arrivata il giorno dopo. La donna ha raccontato di essere stata bloccata in casa dai poliziotti e il giorno successivo all’irruzione ha denunciato la scomparsa di 900 euro. Martello ne aveva addosso mille e 200 al momento dell’arresto. Il suo legale assicura che aveva appena fatto un bancomat sul conto della madre. Due prelievi. Martello lo ha anche ripetuto ieri davanti al gip: le ricevute del Bancoposta, dice il legale, sono custodite tra i suoi effetti personali a Regina Coeli. E di certo saranno presentate come prova davanti al Tribunale del Riesame. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero