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L'ORDINANZA
Nell'ordinanza a loro carico si legge che, insieme ad altri due soggetti che non sono ancora stati identificati, hanno considerato le vie accanto alla Fontana di Trevi praticamente come loro proprietà, minacciando in modo violento due venditori concorrenti che avevano iniziato a vendere borse in via delle Muratte.
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LA DENUNCIA
L'inchiesta è scattata dopo la denuncia presentata in Questura dalle vittime, entrambe bengalesi come gli aggressori. I due hanno raccontato di essere venditori ambulanti di borse in via delle Muratte e che gli indagati avevano intimato loro di cambiare zona, aggredendoli, accusandoli di avere invaso il loro territorio. Una decina di minuti dopo erano tornati, accompagnati da altri due soggetti, dicendo loro di spostarsi in una via meno frequentata per discutere della questione. C'era stata una prima aggressione: uno degli uomini aveva rotto sul marciapiede una bottiglia di vetro e aveva cercato di colpire il concorrente. Il giorno dopo il gruppo aveva preteso il pagamento di 20 euro due volte a settimana. Il 9 gennaio, l'aggressione più grave, avvenuta a Porta Maggiore. Quando uno dei commerciati vessati si era rifiutato prima di pagare e poi di seguire gli indagati, uno di loro si era scagliato contro di lui: gli aveva infilato nell'occhio sinistro l'asta di metallo di un ombrello. Erano subito intervenuti i passanti che avevano chiamato un'ambulanza, mentre l'aggressore era scappato. All'ospedale Oftalmico erano stati diagnosticati alla vittima 15 giorni di prognosi.
I FILMATI
Fondamentali per le indagini, i filmati delle telecamere di sorveglianza posizionate davanti al Teatro Quirino, dove è avvenuta l'aggressione dello scorso primo gennaio. Si vede il primo litigio violento tra i venditori ambulanti per il posto da occupare. «Mi ha aggredito in via delle Vergini colpendomi con calci e pugni, perché non me ne ero andato da via delle Muratte ed ero rimasto a vendere le borse - ha raccontato agli inquirenti l'ambulante ferito - Ogni volta che passavano mi chiedevano 20 euro e se non pagavo mi minacciavano».Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero