Finanziamento illecito, Alemanno rinviato a giudizio: processo a luglio 2016

Finanziamento illecito, Alemanno rinviato a giudizio: processo a luglio 2016
L'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è stato rinviato a giudizio per la vicenda di un presunto finanziamento illecito ricevuto per le elezioni regionali del 2010 mascherato...

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L'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno è stato rinviato a giudizio per la vicenda di un presunto finanziamento illecito ricevuto per le elezioni regionali del 2010 mascherato da un falso sondaggio.


Sotto processo, che comincerà il 5 luglio 2016, anche altri sette imputati, mentre Luca Ceriani ha patteggiato un anno di reclusione.



La decisione di rinviare a giudizio l'ex sindaco della capitale Gianni Alemanno, nonché Giuseppe Verardi, Fabio Ulissi, Angelo Italiano, Sharon Di Nepi, Francesco Gadaleta, Roberto Sciortino e Massimo Alfonsi è del Gup Flavia Costantini. Il processo si svolgerà davanti al giudice monocratico Mucari.



A sollecitare il rinvio a giudizio, a conclusione dell'inchiesta che aveva coinvolto Renata Polverini la cui posizione fu poi archiviata, sono stati i pubblici ministero Paolo Ielo e Mario Palazzi. Al centro della vicenda giudiziaria la creazione attraverso false fatture della società Accenture di un fondo di 30mila euro che fu destinato, come si è già detto, alla propaganda per la lista elettorale della Polverini nel 2010. Fu la stessa Accenture a scoprire il giro di false fatture e a denunciare l'accaduto alla Procura della Repubblica di Roma. Tra le persone rinviate a giudizio Fabio Ulissi, già collaboratore di Alemanno e Giuseppe Verardi, ex dipendente della Accenture.



L'ex sindaco di Roma. «Io non ho mai sollecitato o ricevuto un finanziamento illecito, questa è una vicenda marginale di cui non potevo verificare gli adempimenti di legge, perché non riguardava una mia campagna elettorale». Lo dichiara in una nota Gianni Alemanno riguardo al suo rinvio a giudizio. «Per orientamento della Cassazione i rinvii a giudizio non entrano più nel merito delle accuse - conclude - Sarà il giudice monocratico a certificare la mia totale innocenza».
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Il Messaggero