Fassina, il pasticcio delle liste: in Sel parte la resa dei conti

Fassina, il pasticcio delle liste: in Sel parte la resa dei conti
A salvare la candidatura di Stefano Fassina per il Campidoglio, adesso, può essere solo la giustizia amministrativa. La bocciatura delle due liste a sostegno dell'ex...

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A salvare la candidatura di Stefano Fassina per il Campidoglio, adesso, può essere solo la giustizia amministrativa. La bocciatura delle due liste a sostegno dell'ex vice ministro - Sinistra per Roma e Civica per Fassina sindaco - secondo la commissione elettorale del Comune nasce da vizi di forma «non sanabili»: centinaia di firme presentate su moduli privi di data, quindi irricevibili. L'unica strada percorribile, a questo punto, resta quella del ricorso al Tar del Lazio. «Se davvero fosse questo il problema, si tratterebbe di un errore molto grave da parte di chi ha presentato la lista - spiega il professor Filippo Satta, docente ordinario di Diritto amministrativo - A questo punto solo di fronte al Tar si possono presentare documenti e prove di correttezza, per poi rivolgersi eventualmente al Consiglio di Stato in seconda istanza».


LA CARTA
L'arma da giocare davanti ai giudici amministrativi, per i ricorrenti, risiederebbe nello “stato di servizio” del pubblico ufficiale che ha vidimato i moduli per la raccolta presentati all'ufficio centrale, e poi bocciati: si tratterebbe di una vice presidente di Municipio in carica da pochi mesi, che potrebbe così dimostrare come si tratti di firme comunque recenti. Che questo possa bastare a sanare la situazione resta ancora tutto da dimostrare, anche se nell'entourage di Fassina, dopo la profonda depressione di ieri pomeriggio, in serata è tornata la speranza di un ripescaggio in extremis.

I TEMPI
La vicenda lancia un'ombra sulla campagna elettorale, ufficialmente appena iniziata, che potrebbe essere condizionata da un'incerta sfida nelle aule di giustizia. La mente torna al 2010, quando l'esclusione della lista del Pdl romano alle Regionali, poi vinte comunque da Renata Polverini, tenne banco per venti giorni, con il rischio di vedere invalidate successivamente le elezioni. «I tempi in materia elettorale sono brevissimi - rassicura il professor Satta - Questione di una settimana o dieci giorni e ci sarà comunque una decisione definitiva, anche sul merito». L'ipotesi è che Fassina possa chiedere, qualora riammesso, uno slittamento del voto, per rifarsi dei giorni di campagna elettorale persa. Ma il docente di Diritto amministrativo allontana il pericolo: «Mi sembra una possibilità remota - sottolinea Satta - Si risolverebbe in un pasticcio per tutti, non ho memoria di una questione elettorale che si rifletta sulla data delle elezioni».
 
LO SCONTRO

Il pasticcio ha innescato la macchina dei rancori dentro Si. Con la rabbia del partito romano di Sel, a partire dall'ex capogruppo Gianluca Peciola e dal vicepresidente della Regione Massimiliano Smeriglio, che hanno bollato come «dilettanti allo sbaraglio» quelli del comitato elettorale di Stefano Fassina, e in un certo modo anche Paolo Cento, segretario cittadino del partito di Nichi Vendola (ancora in California dove si sta occupando di suo figlio). I quadri romani di Sel non hanno mai gradito la candidatura dell'ex viceministro, provando a farla saltare - tra primarie, Ignazio Marino e Massimo Bray - in tutti i modi. Ma nessuno si sarebbe aspettato un epilogo così. «Sono dei cialtroni», si è sfogato al telefono Peciola con i «compagni» che per tutti ieri lo hanno chiamato terrorizzati dalla peggiore degli scenari: la scomparsa dal quadro politico. Come alle politiche del 2008.
Simone Canettieri
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Il Messaggero