L’ex Nar invalido evade dai domiciliari in bici: Di Cellere arrestato di nuovo

L’ex Nar invalido evade dai domiciliari in bici: Di Cellere arrestato di nuovo
«Dovevo andare dal medico, sono partito soltanto dieci minuti prima». Camicia arrotolata sulle braccia, aspetto smunto e in sedia a rotelle: si presenta così in...

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«Dovevo andare dal medico, sono partito soltanto dieci minuti prima». Camicia arrotolata sulle braccia, aspetto smunto e in sedia a rotelle: si presenta così in aula Emanuele Macchi Di Cellere, ex membro dei Nar ed esponente dell’estrema destra capitolina negli anni Settanta con precedenti per banda armata e spaccio internazionale. Per lui stavolta l’accusa è evasione dai domiciliari dove si trovava in seguito a una condanna a dieci anni per traffico di droga commutata dal Riesame in detenzione domiciliare a causa delle condizioni di salute. 


Eppure, nonostante le difficoltà a deambulare, Macchi, coinvolto (ma assolto) nel fattaccio della Camilluccia dove persa la vita Silvio Fanella (ritenuto cassiere dell’imprenditore Gennaro Mokbel), sarebbe stato trovato dai carabinieri della compagnia Ostia con una bicicletta. Erano le 15:50 in via dell’Idroscalo quando i militari hanno beccato l’ex Nar in strada intento a scaricare da un’Apecar la bicicletta con la quale poi si sarebbe voluto recare dal medico. Soltanto dieci minuti di sforo sarebbero stati decisivi «era autorizzato– scrive l’accusa – ad allontanarsi per esigenze di vita solo dalle 16:00». 

Eppure l’ex camerata ha provato a spiegare l’accaduto: «Sono affetto da varie patologie», ha affermato rispondendo alle domande del pm Cinzia Dell’Aglio durante l’udienza direttissima. Le condizioni fisiche, già rilevate dal tribunale in precedenza vista l’ordinanza del Tribunale del Riesame, ha portato il giudice alla convalida dell’arresto e lasciare l’uomo a piede libero in attesa del processo.

Non si tratta della prima fuga di Macchi, cresciuto ai Parioli e di nobili origini. Nel 2014 fu beccato dalla squadra mobile a Port Camargue sorpreso sul suo dieci metri mentre rientrava a casa dopo aver fatto la spesa, in barba alla decisione delle autorità che gli imponevano i domiciliari. Due anni prima a Sestri Ponente, in provincia di Genova, era stato arrestato con 165 chili di cocaina, sempre a bordo della sua barca. Da quelle circostanze sarebbe poi venuta la decisione del tribunale ligure di condannarlo a oltre dieci anni. La attuale residenza ostiense del 63enne non è cosa nuova tuttavia. Da sinistra a destra una lunga campagna si era battuta per la sua liberazione dal carcere viste le precarie condizioni di salute.


E lo scorso anno il Riesame avrebbe dato via libera al passaggio di Macchi dal carcere di Marassi al litorale romano, previo rispetto degli orari imposti dall’autorità giudiziaria. Il 6 aprile del 2017, mentre su Macchi pendeva la condanna di spaccio internazionale comminata a Genova, la Corte D’Assise di piazzale Clodio assolveva lui, Manlio Denaro, Gabriele Donnini e Carlo Italo Casoli dall’accusa di aver causato la morte di Silvio Fanella. La vicenda rappresenta ad oggi l’ultimo colpo di coda di una storia, quella della destra eversiva spesso con base nella Capitale, costellata dalle gesta di appartenenti a un movimento passato, come Macchi, dallo sfrecciare in barca ad arrancare in Apecar. 
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Il Messaggero