Bambino Gesù, dolci cure per alleviare la sofferenza dei bebè

Bambino Gesù, dolci cure per alleviare la sofferenza dei bebè
Non è facile comprendere il loro malessere anche perché, quei piccoli, per dimostrarlo hanno come unico strumento le lacrime. Sono i neonati, bambini di pochi giorni o di...

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Non è facile comprendere il loro malessere anche perché, quei piccoli, per dimostrarlo hanno come unico strumento le lacrime. Sono i neonati, bambini di pochi giorni o di qualche settimana, che soffrono come gli altri quando c'è una patologia che mina il loro benessere. Provano dolore e lo esprimono attraverso il pianto. Per cercare di ridurre la loro sofferenza, l'ospedale pediatrico Bambino Gesù, all'interno del reparto di Neonatologia medica e chirurgica, segue specifici protocolli medici e clinici nonché infermieristici. Perché la campagna promossa dal nosocomio, “Un ospedale senza dolore”, oltre a raccogliere i fondi necessari all'acquisto di nuovi strumenti di ultima generazione per la diagnostica, opera inseguendo un solo obiettivo: ridurre quanto più possibile la sofferenza fisica e psicologica di un piccolo paziente. «Il neonato sente dolore - spiega Pietro Bagolan, a capo del dipartimento di Neonatologia - e questo è riscontrabile fin prima della nascita, all'interno dell'utero materno». «Per questo - prosegue Begolan - in occasione degli interventi sui neonati, ci siamo preoccupati di garantire determinati tipi di anestesie, come quelle peridurali o spinali, le stesse che fanno le donne prima di partorire e che permettono di dare un'analgesia locale senza la necessità di somministrare sedativi per via generale».




Al fianco delle attenzioni mediche, inoltre, il reparto cerca di rispondere al dolore dei neonati con tutta una serie di procedure rivolte anche alle famiglie. «Usiamo delle scale di valutazione tascabili per individuare il grado di sofferenza del piccolo», spiega Valeria Martinori, infermiera pediatrica. «Attraverso cinque parametri, che vanno dal pianto al respiro, dal battito cardiaco alla posizione delle gambe, capiamo se è necessario chiedere l'intervento del medico o compiere da sole delle pratiche per calmare il bambino». Vere terapie seppur non farmacologiche, come le luci soffuse, le carezze, o la somministrazione di acqua e zucchero. E il reparto in cui i piccoli sono ricoverati, ha l'aspetto di un vero nido. «Cerchiamo di riprodurre nelle incubatrici - aggiunge Anna Portanova, coordinatrice infermieristica della neonatologia - l'habitat dell'utero materno, i piccoli dentro le macchine sono avvolti in una forma concava ricoperta di cotone che contribuisce a farli sentire più tranquilli». Per i genitori, infine, il reparto permette l'assistenza continuativa. Molte mamme che allattano possono continuare a farlo, nonostante il ricovero del piccolo, perché ospitate 24 ore su 24 nella stanza delle cicogne. Un appartamento a loro disposizione che supera le barriere spesso imposte da un ospedale.

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Il Messaggero