Scansateve tutti e fatemi battere le mani al mio campione, fatemi urlare il suo nome. @LucianoNobili Daniele...
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fatemi battere
le mani al mio campione,
fatemi urlare il suo nome.
@LucianoNobili
Daniele è un serioso e noioso dirigente d’azienda. Un giorno su Facebook ha scritto: «Dio c’è. E oggi è entrato in campo all’86esimo minuto». Luciano è un caparbio leader di partito, di quelli che in queste ore stanno lavorando e sudando su liste elettorali, alleanze, programmi. Una sera su Twitter e Facebook ha tracimato: «Inchinatevi tutti meschini ragionieri della domenica, imbarazzanti “rottamatori” di Trigoria, presidenti troppo lontani anche solo per capire. Scansateve tutti e fatemi battere le mani al mio campione, fatemi urlare il suo nome in faccia vostra». Corrado è uno scrittore, massiccio e burbero, una notte su Fb ha pubblicato uno status: «Dio è della Roma. Anzi, tifa Totti». Sono solo tre esempi, pescati a caso nella piena del fiume che negli ultimi giorni si è sviluppata sui social network dalle parti della Capitale. Raccontano la rispettabile follia, il dirompente misticismo, l’idolatria dilagante che ha travolto anche i più insospettabili, coloro che di solito magari sono perfino un po’ noiosi o razionali e che invece quando ci sono in ballo un pallone, due colori (il giallo e il rosso), un prato verde, un calciatore molto molto forte e molto molto ben conservato, semplicemente sbroccano. La rispettabile follia, poi, si è moltiplicata perché davvero mai come in questi ultimi scampoli di campionato ciò che sta avvenendo fuori e dentro il campo umilierebbe anche il più sapiente degli sceneggiatori di una serie di successo. A Roma, a quanto pare, Dio non è morto e anche Totti si sente benissimo.
mauro.evangelisti@ilmessaggero.it
twitter: @mauroev Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero