Diabolik, “prove generali” dell’omicidio: il giorno prima il killer lo spiava al parco

L'ex capo ultrà degli Irriducibili della Lazio è stato, senza saperlo, protagonista di questo copione non scritto

Diabolik, “prove generali” dell’omicidio: il giorno prima il killer lo spiava al parco
Nulla doveva essere lasciato al caso. Per fare un "lavoro pulito", veloce e senza intoppi, sono state organizzate le "prove generali" dell'omicidio di...

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Nulla doveva essere lasciato al caso. Per fare un "lavoro pulito", veloce e senza intoppi, sono state organizzate le "prove generali" dell'omicidio di Fabrizio Piscitelli. L'ex capo ultrà degli Irriducibili della Lazio è stato, senza saperlo, protagonista di questo copione non scritto. Il 6 agosto del 2019, ossia il giorno prima di essere ucciso, Diabolik si reca al parco degli Acquedotti, all'appuntamento fissato - secondo quanto ricostruito dagli investigatori - con Alessandro Capriotti, detto "er Miliardero", che aveva un debito di droga per decine di migliaia di euro con gli albanesi del gruppo di Piscitelli. Ques'ultimo gli avrebbe addirittura applicato una sorta di "pizzo" sulla cifra iniziale. D'altronde lo stesso Capriotti, dopo aver subito un attentato davanti casa a colpi di kalashnikov (con la figlia presente), aveva ammesso ai carabinieri intervenuti sul posto che probabilmente il motivo era una partita di stupefacenti non pagata a certi albanesi.

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Diabolik aveva già incontrato il Miliardero quattro o cinque volte in quel parco. Uno di questi appuntamenti era addirittura segnato nella agenda personale di Piscitelli. Quel 6 agosto, però, Capriotti non si presenta. L'ex capo ultrà è già seduto sulla panchina e - stando a quanto riferito dal suo autista guardaspalle - riceve una telefonata (non si sa da chi) in cui si capisce che l'incontro è rinviato al giorno dopo. E così l'indomani Piscitelli torna al parco degli Acquedotti e si risiede sulla stessa panchina. Un uomo vestito da runner - che secondo la Procura di Roma è l'argentino Raul Esteban Calderon - arriva di corsa e gli spara un solo colpo, fatale, alla nuca. Secondo la ricostruzione della Squadra mobile il killer (ora a processo per omicidio) sarebbe stato assoldato da tre mandanti: Alessandro Capriotti, Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, definiti "animali cattivi e voraci", gravitanti nell'orbita dei Senese. E l'appuntamento fissato il giorno prima dell'esecuzione serviva da "prova generale" per capire dove Diabolik si sarebbe seduto e come sorprenderlo alle spalle, neutralizzando una sua eventuale reazione. I pm, tuttavia, non riuscendo a trovare ulteriori riscontri a questa ipotesi investigativa hanno deciso di chiedere l'archiviazione delle posizioni dei tre indagati.

SCOMODO E PREPOTENTE

Piscitelli si era fatto spazio nel mondo della criminalità organizzata romana grazie al fatto che clan più radicati come i Fasciani, Casamonica, Gambacurta, Spada e il gruppo di Marco Esposito erano stati ridimensionati dagli arresti. Una convivenza pacifica che fino a quel momento si era basata sulla divisione del territorio capitolino in sfere di competenza. Diabolik aveva in qualche modo infranto questo tacito accordo che i Senese avevano tanto faticato a tenere saldo. Il suo attaccamento al denaro, le sue "prepotenze" e i sistemi a volte brutali usati per recuperare crediti erano diventati poco tollerati dagli altri criminali. A un certo punto, dopo l'omicidio di Piscitelli, tutti gli equilibri saltano. Secondo gli inquirenti la prima vendetta è rappresentata dal tentato omicidio di Leandro Bennato, avvenuto a novembre 2019. Quest'ultimo il giorno dopo aver scampato all'agguato si sarebbe recato armato sotto l'abitazione di Fabrizio Fabietti (socio e amico fraterno di Diabolik) per ucciderlo. Ma poi l'arresto di Fabietti nell'operazione "grande raccordo criminale" della Finanza gli salvò la vita.

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Il Messaggero