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Ci sono sei segnalazioni sul comportamento carcerario di Carmine Garofalo che ora potrebbero finire agli atti del fascicolo aperto dalla Procura. Rapporti interni della casa circondariale di Regina Coeli che parlano di atti di protesta, gesti di autolesionismo e, soprattutto, liti e risse con il compagno di cella. Lo stesso compagno di cella che, secondo le dichiarazioni choc di altri due detenuti, potrebbe averlo soffocato e che, tempo prima, avrebbe cercato di uccidere il precedente vicino di letto.
I DUBBI
Gli attriti tra i due, e la tenuta psichica di entrambi, erano diventati preoccupanti, tanto da avere convinto i vertici del carcere a disporre dal 2 agosto la sorveglianza a vista della loro stanza. Ed è proprio questo uno dei dettagli che insospettiscono il Garante: se davvero quella cella doveva essere costantemente monitorata, come è possibile che nessuno si sia accorto della presunta aggressione? Il corpo senza vita di Garofalo è stato trovato sul pavimento della stanza nel pomeriggio del 16 agosto e il decesso è stato dichiarato poco dopo, a bordo dell'ambulanza.
IL RACCONTO
«Lo sentivamo urlare», avrebbero raccontato i due detenuti che hanno anche detto di avere praticamente assistito al suo omicidio. Sarebbe stato afferrato alle spalle e soffocato. Un caso su cui ora sta indagando la Procura di Roma.
Ci sono sei segnalazioni su cui gli inquirenti dovranno fare chiarezza. Vanno dagli ultimi giorni di luglio fino a poco prima del presunto omicidio. Il primo rapporto parla di atti ai autolesionismo: Garofalo si sarebbe procurato escoriazioni e ferite alla fronte, forse come atto di protesta. Circostanza che aveva portato il medico di guardia a disporre a suo carico il regime di grandissima sorveglianza.
LA RISSA
Il giorno seguente, il cinquantenne aveva litigato con un altro detenuto per motivi legati alla convivenza forzata. Era uscito dalla rissa con lesioni guaribili in 7 giorni: escoriazioni, lividi al volto, lesioni a un ginocchio, un trauma al costato. Qualche giorno dopo, il cinquantenne avrebbe cercato di impiccarsi utilizzando una maglia. Da quel momento per lui era stato disposto il regime di sorveglianza a vista. Passati circa dieci giorni, per due volte, il detenuto aveva distrutto il suo materasso, gettando i pezzi nel corridoio della sezione. L'ultimo rapporto parla di una nuova rissa all'interno della cella, sempre per problemi di convivenza. Poi, il decesso e la notizia di reato comunicata al pubblico ministero di turno. La segnalazione parlava di «decesso per cause naturali».
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