Desirée, lo spacciatore arrestato: «Portavo le pasticche ai suoi killer»

Per trovarlo hanno setacciato tutte le farmacie tra San Lorenzo e il Pigneto. Quando gli agenti della Squadra Mobile lo hanno fermato, dopo due settimane di ricerche, Marco...

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Per trovarlo hanno setacciato tutte le farmacie tra San Lorenzo e il Pigneto. Quando gli agenti della Squadra Mobile lo hanno fermato, dopo due settimane di ricerche, Marco Mancini aveva in tasca 12 dosi di cocaina e alcuni dei farmaci che scambiava nel palazzo dell'orrore in via dei Lucani per ricevere indietro dal branco accusato di aver sedato, violentato e lasciato morire Desirée Mariottini dosi di droga. Tranquillit, Seroquel e psicofarmaci affini: gli stessi che, mischiati con metadone e altre sostanze, per i pm sarebbero serviti ai quattro uomini già in carcere per omicidio e stupro di gruppo per stordire la sedicenne di Cisterna di Latina prima di lasciarla morire. «Quella ragazza la conoscevo di vista, non le ho dato niente», avrebbe dichiarato Mancini poco prima che gli stringessero le manette ai polsi. Avrebbe anche aggiunto che i suoi interlocutori principali erano i 4 componenti del branco e che il giorno dell'omicidio non era nel palazzo. Mancini, 36 anni, incensurato, è considerato dal pm Stefano Pizza uno dei pusher dello stabile abbandonato. Tossicodipendente, scambiava gli psicofarmaci che gli venivano prescritti sarebbe affetto da una patologia con dosi di droga.


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LE RICETTE
Un dettaglio insospettisce gli inquirenti: Mancini aveva a disposizione una grande quantità di medicinali. Alcuni testimoni hanno dichiarato che anche sua madre sarebbe malata, ma gli investigatori stanno già verificando se il pusher abbia utilizzato ricette false per riuscire a ottenere più sostanze. È stato fermato al Pigneto due giorni fa. Per il momento è accusato di detenzione e spaccio di stupefacenti, ma la sua posizione potrebbe aggravarsi. Oggi verrà interrogato a Regina Coeli dal gip. Il giorno dell'omicidio di Desirée, Mancini non era in via dei Lucani. Secondo gli inquirenti, non ha partecipato né allo stupro, né all'omicidio della sedicenne.
 

I TESTIMONI

A fare il suo nome, i testimoni chiave dell'inchiesta: Antonella, Muriel, Giovanna e Nasco ai quali l'uomo a volte vendeva gli psicofarmaci. Quando la sedicenne è stata uccisa, Mancini non si trovava nell'edificio: dopo lo scippo di una signora a San Lorenzo (episodio mai denunciato alle autorità) era stato aggredito, finendo poi all'ospedale San Giovanni con un cacciavite conficcato nella gamba. Una circostanza confermata anche da due testimoni intercettate nella sala d'attesa della Questura prima di essere interrogate: «Marco non c'era, il giorno prima l'hanno menato», dice Giovanna a Muriel.
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Il Messaggero