Per l'omicidio di Desirée Mariottini, la sedicenne trovata morta un anno fa a San Lorenzo, sono state rinviate a giudizio quattro persone. Il corpo di...
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Il nostro dolore non si potrà mai calmare. Nessuna sentenza ci restituirà mai la nostra Desirée», ha detto la nonna materna di Desirée.
Desirèe Mariottini, un anno dalla morte. La famiglia: «L'hanno uccisa due volte»
Desirée, il racconto choc del testimone: «Meglio lei morta che noi in galera»
Il processo inizierà il prossimo 4 dicembre nell'aula bunker di Rebibbia per i nigeriani Alinno Chima, Mamadou Gara, detto Paco, il ghanese Yusef Salia e il senegalese Brian Minthe. Nei loro confronti il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Stefano Pizza contestano i reati di omicidio volontario, violenza sessuale di gruppo e cessione e somministrazione di droghe a minori.
Si tratta dell'accusa primaria che era stata alla base della richiesta di misura cautelare nonostante poi il tribunale del Riesame aveva fatto cadere l'accusa di omicidio volontario per Chima e Minthe. Dopo i test del Dna però la Procura ha chiesto ed ottenuto per Chima una nuova ordinanza di custodia cautelare, il 15 aprile scorso, per l'accusa di omicidio.
Nel processo si sono già costituite come parti civili il Campidoglio, la Regione Lazio e due associazioni: 'Insieme con Marianna e 'Dont't worry- Noi possiamo Onlus'.
Indagini complesse quelle svolte dagli inquirenti che si sono basate anche sul racconto di alcuni testimoni grazie ai quali magistrati e squadra mobile sono riusciti a mettere in fila i tasselli per arrivare ad un quadro probatorio sufficiente ad affrontare un processo. Di fatto Desiree è rimasta in balia dei quattro arrestati per alcune, interminabili ore. Una lenta agonia prima della morte, in cui la giovanissima vittima era stordita da un mix letale di droga mentre il branco avrebbe abusato più volte di lei. Nell'ambito dell'udienza preliminare è stato svolto anche un incidente probatorio durante il quale sono stati ascoltati una serie di testimoni che erano presenti nello stabile in quelle drammatiche ore.
«Gli imputati ci hanno impedito di allertare i soccorsi per aiutare la ragazza», hanno ribadito fornendo elementi che verranno utilizzati come prova dell'accusa nel corso del processo. «Il nostro dolore non si potrà mai calmare.
Il Messaggero