L'euforia da derby del vigile ultrà: «Una ragazzata, chiedo scusa»

«Mi sono lasciato coinvolgere troppo dall'emozione del derby. E mi spiace se il mio gesto viene visto come un'offesa alla divisa, per questo chiedo scusa a tutti...

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«Mi sono lasciato coinvolgere troppo dall'emozione del derby. E mi spiace se il mio gesto viene visto come un'offesa alla divisa, per questo chiedo scusa a tutti coloro che indossano una divisa, non solo la mia ma anche le altre». Maurizio Zurli, sessant'anni, papà di due bambine di 7 e 12 anni, funzionario di polizia locale di scorta alla Roma, parla con la voce da gigante buono; di quell'omone in divisa che si vede saltellare, cantare e unirsi con la gioia di un bambino al coro dei giallorossi («Ma che sete venuti a fa'») sul 2-0 per i ragazzi di Spalletti. Stamane dovrà consegnare al comando una relazione sui fatti, il video di quell'esultanza incontenibile sta facendo il giro del web, lui è finito nel mirino dei social e ora rischia un provvedimento disciplinare.


C'è chi sulla rete lo attacca, ma in tanti alla fine solidarizzano: «Fa tenerezza». Per Gabriele Di Bella, sindacalista della Fiadel, di fede calcistica opposta, «l'unica colpa di Maurizio è di essere della Roma e si sa che in un derby può emotivamente accadere di tutto».
 
Maurizio le è salita la febbre da derby, per un momento è sembrato più un tifoso che un agente. Che cosa le è successo?
«Ero attaccato alla vetrata, non mi sono nemmeno reso conto di essere ripreso da quel ragazzetto. Mi sono fatto prendere dal clima del derby che in quei dieci secondi m'ha fatto dimenticare della divisa... Ero entrato nel secondo tempo, nel primo ero fuori di guardia ai mezzi. È stata una ragazzata, fino a quel momento era tutto uno sfottò tra colleghi, più avanti, non si vedono nel video, ce n'erano altri due uno napoletano e uno laziale ed è verso di loro che mi sono rivolto».

Che cosa le hanno detto i suoi colleghi e i suoi amici?
«Sono stati loro domenica sera a chiamarmi per dirmi del video sul Messaggero.it. Erano divertiti. Qualcuno mi ha detto che forse ho fatto una stupidaggine, ma ormai non posso più tornare indietro. Però, per come la penso io, offendono molto di più la divisa quelli che rubano e sono corrotti. Ora vivo queste ore con ansia, intanto dovrò scrivere una relazione per il Comando».

Teme che non le faranno più fare la scorta al pullman della Roma, la sua passione?
«L'incarico alle scorte è arrivato due, tre anni fa. Me ne dispiacerebbe, per carità, ma tornerei a fare il mio lavoro di prima con la stessa dedizione e professionalità».

Lei è uno di quei vigili, per capirci, che non sta dietro una scrivania, che non si risparmia. Il Gipt è sempre in prima linea: freddo, pioggia, vento, sempre in strada.
«Sì, anche se rispetto chi svolge il lavoro d'ufficio perché è susseguente al nostro e indispensabile. Sono entrato nella Municipale nel marzo del 90, nel dicembre dello stesso anno è stato fondato il Git dove ho preso servizio come motociclista. Domenica dopo il derby ho smontato alle 20 e sono rimontato alle 22.48, non sono nemmeno andato a casa, sono rimasto al Gruppo perché di notte dovevo fare la scorta all'albero di Natale destinato a piazza Venezia. Sono uscito di casa domenica mattina e sono rientrato stamattina (lunedì, ndr). Alle 4.30 ero con un altro collega al casello di Fiano Romano per fare la scorta all'albero. Ma non è un problema, è il mio lavoro, lo faccio sempre e comunque volentieri».

Il suo nome compare tra i destinatari del Premio Simpatia in Campidoglio nel 2009.
«Lo ricevetti perché salvai una donna infartuata in strada praticandole il massaggio cardiaco».


Ci dica, ma l'altro collega che era con lei e che nel video appare calmo, è un laziale?
«No, no. É romanista doc».
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Il Messaggero