Quand’è che inventano le cuffiette per doccia? @alehcre Ma che «cafone!». Il barista ci resta malissimo. «Dice a me?»,...
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@alehcre
Ma che «cafone!». Il barista ci resta malissimo. «Dice a me?», e sarebbe quasi tentato di rovesciare il caffè addosso alla cliente. «No, no», lei mortificata scuote la testa e le cuffiette, con la mano indica il cellulare.
Il «cafone» era per l’ex dell’amica con cui sta parlando, mica per lui. «Come no? Avevi detto sì», questa volta è l’amica a ribellarsi. «A te ho detto sì, ma al barista ho detto no. Capito?». Malintesi da conversazioni multiple, fughe da sottofondo musicale: stiamo qui ma non ci siamo, assenti, aggrovigliati in auricolari che ci trascinano altrove. Prima o poi qualcuno ci bastona. La cassiera del supermercato costretta a urlare «quante buste vuole?», la sente pure Eminen chi si agita dall'altra parte del filo. O il collega in ufficio che per avere attenzione deve ballare sulla scrivania. O la mamma che ormai non parla più, scrive sms alla figlia sdraiata davanti a lei sul divano.
Ma è così, se le orecchie non sono occupate c’è quel vuoto cosmico a cui badare, meglio la musica che tutti gli inutili rumori del pianeta, sorridiamo al nulla sul bus e facciamo le faccette camminando. «Ma non lo capite che parlare a qualcuno con le cuffiette è maleducazione?», twitta @emma, immaginando un nuovo galateo per chi alza il volume ed entra in una realtà a parte. «Come bombole d'ossigeno», per @katak. «I'm not listening», non ti ascolto, è anche un marchio, le ragazzine lo esibiscono su t-shirt e borse. Non è bello, ma evita figuracce o domande sceme. «Ascolti musica?». La risposta di @tuttosadizayn: «No tappo le orecchie così non entra polvere».
maria.lombardi@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero