Covid Roma, test rapido in clinica ma l'esito è sbagliato: chirurgo si scopre positivo con il tampone

Covid Roma, test rapido in clinica ma l'esito è sbagliato: chirurgo si scopre positivo con il tampone
Avere dei sintomi riconducibili al Covid-19 senza essere entrati in contatto con soggetti positivi, eseguire dunque un tampone rapido e anche un test sierologico che però...

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Avere dei sintomi riconducibili al Covid-19 senza essere entrati in contatto con soggetti positivi, eseguire dunque un tampone rapido e anche un test sierologico che però danno entrambi esito negativo. Può bastare a tranquillizzare un possibile caso sospetto? No. Perché l'unico strumento di diagnosi è il tampone molecolare eppure nel Lazio, diversamente da altre Regioni come la Lombardia, quest'esame resta prerogativa del pubblico: i drive-in ormai al collasso che, considerata la mole di accessi e richieste, arrivano a dare i risultati anche dopo 72 ore. E allora succede questo: le persone ripiegano sul test rapido, l'antigenico per intenderci, quello che i medici di famiglia o i pediatri sono anche pronti ad eseguire nei propri ambulatori, e che da qualche giorno è stato autorizzato anche ai laboratori privati di analisi e alle cliniche private convenzionate a cui resta interdetto il tampone molecolare. L'esame però non è diagnostico, si tratta di puro screening e la possibilità che emergano falsi negativi è quanto mai attuale. Ce lo racconta la realtà e la vicenda che ha riguardato Paolo Barillari, medico chirurgo e presidente della clinica Villa Mafalda.

 

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LE ANALISI
«Mio padre - racconta la figlia Claudia - qualche giorno fa ha iniziato ad avere un po' di raffreddore e considerato il lavoro che svolge non è andato in clinica ma ha fatto un test rapido con un seguente test sierologico il giorno stesso che hanno dato esito negativo». Barillari avrebbe potuto dunque riguardarsi e tornare a lavoro convinto di non aver preso il Covid-19. Poi però la febbre non passava e così il giorno stesso in cui ha ricevuto il responso negativo dei due test, nel pomeriggio, si è recato al policlinico Tor Vergata (uno dei 4 ospedali Covid) dove, sorpresa, è risultato positivo al tampone molecolare. Tutto nell'arco di mezza giornata. Da qui è scattato anche il ricovero di 5 giorni. «Se mio padre - aggiunge la figlia - non si fosse preoccupato, se non fosse stato un medico probabilmente non si sarebbe allarmato e magari sarebbe tornato in clinica a operare da positivo mettendo a rischio un'intera comunità. La nostra storia ci ha insegnato che i tamponi rapidi hanno un potenziale indice di inesattezza molto preoccupante, non sono strumenti diagnostici eppure visto quello che sta accadendo nei drive-in, lo stanno diventando perché le strutture che possono farlo non bastano a coprire la domanda con il rischio di mandare in giro tanti falsi-negativi capaci di diffondere il virus a loro insaputa». Motivo per cui ci si domanda perché la Regione non autorizza anche i privati, dotati delle tecnologie idonee e dei laboratori di biologia molecolare, a fare diagnosi. «Molti laboratori - spiega Maria Stella Giorlandino a capo di Artemisia Lab - non solo hanno macchinari e strumenti per l'analisi molecolare ma sono accreditati con il Servizio sanitario regionale, potrebbero essere di supporto nella diagnosi e ci sarebbe la massima collaborazione con la Regione nell'invio di tutti i test eseguiti e degli esiti». Ma il via libera ancora non c'è e chissà se mai arriverà.


C. Moz. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero