«A Roma stanno atterrando tanti super-spreader, cioè positivi con una carica virale altissima: non solo sono asintomatici, sono anche potenzialmente molto più contagiosi...
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Rintracciare subito i super-spreader, appena scesi dall'aereo, è decisivo per evitare che il contagio si propaghi ulteriormente. Negli aeroporti, per accorciare i tempi della diagnosi ed evitare di lasciar andare via passeggeri estremamente contagiosi, i camici bianchi stanno sfruttando i tamponi rapidi, che forniscono una risposta in mezz'ora. «Ho letto qualche strumentalizzazione in questi giorni - riprende Bartoletti - ma i nostri tamponi sono efficaci e validati dagli esperti del sistema sanitario regionale: non c'entrano nulla con quelli finiti nel tritacarne delle polemiche».
Il problema semmai è un altro: poco più della metà dei passeggeri in arrivo da Malta, Croazia, Spagna e Grecia, si sottopone al tampone dentro gli scali. Tutti gli altri no, vanno via.
TEST IGNORATI
«Il 60% si mette in fila in aeroporto - conferma il responsabile dell'Uscar - gli altri invece escono, vanno a casa». In teoria, dovrebbero presentarsi ai drive-in entro 48 ore, con l'obbligo nel frattempo di rimanere isolati. Ma come ha denunciato l'Asl Roma 1, più d'uno viola la quarantena. «Chiunque sarà scoperto positivo dopo un viaggio da Grecia o Spagna senza avere fatto il tampone - conclude Bartoletti - rischia molto». Che sia un super-spreader oppure no. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero