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«Com’era bello...». Sospiro e pausa. Un boccone e uno sfogo, sorriso sornione appena intravisto. «Quando per evitare un’interrogazione potevi fingere di star male, un mal di pancia, un po’ di freddo, lo sguardo afflitto, ammazza come ero bravo, e chiamavano mamma, che veniva a prenderti, quante volte l’ho fatto...». Bei ricordi, piccole astuzie di studenti, atti unici e teatranti improvvisati. Tutto finito. Nel silenzio dell’attesa, un grido secco e arrabbiato accompagna il seguito: «Ora se hai il mal di pancia ti sbattono dentro una stanza e ti ci lasciano. Una mia amica ci si è addormentata!!!». La generazione covid, quella che non può raffreddarsi, né dire ingenuamente di avere un mal di gola senza rischiare di esser scortati in una stanza, deve subire anche questo disagio: deve stare bene e non può fingere di star male. Altrimenti a catena metterà in moto una serie di misure, patemi, pettegolezzi, disguidi che alla fine sai che c’è, è meglio un brutto voto... Anzi, «l’altro giorno non mi sentivo bene ma ho resistito 6 ore zitto». Che poi a dirla tutta mica è facile non ammalarsi visto che le classi vanno arieggiate spesso, i professori giustamente attenti e solerti fanno di frequente aprire le finestre e molti studenti non solo si rimettono il piumino ma hanno cominciato a portarsi una copertina da casa.
Il Messaggero