Corruzione a Rebibbia, favori a un detenuto: due agenti in manette

Corruzione a Rebibbia, favori a un detenuto: due agenti in manette
Un'amicizia datata, uno scambio di favori illegali, la garanzia di un posto fisso come dipendenti in una pizzeria. Giorgio Gisana, detenuto nel reparto G9 del carcere di...

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Un'amicizia datata, uno scambio di favori illegali, la garanzia di un posto fisso come dipendenti in una pizzeria. Giorgio Gisana, detenuto nel reparto G9 del carcere di Rebibbia, non ha dovuto fare grandi sforzi per lusingare due agenti della casa circondariale. In cambio di promesse mai mantenute, Pasquale Della Torre e Antonio Tommaso Barattiero si sono messi a disposizione del recluso, riservandogli gentilezze e cortesie in violazione della legge.


I FAVORI
In realtà, leggendo l'ordinanza che li porta agli arresti domiciliari, viene da pensare che i poliziotti si siano quasi fatti abbindolare. Dal 2012, hanno trattato Gisana come un pascià. Hanno fatto da tramite tra lui e la consorte, per la pm Simona Marazza e per il procuratore aggiunto Michele Prestipino, avrebbero anche aiutato nella difesa l'avvocato nominato dal detenuto, fornendo notizie riservate. Si sono addirittura comportati come facchini, facendo spese al posto dell'arrestato e consegnando pensieri e regali ai suoi amici. In tutta risposta, hanno ricevuto solo parole. Hanno aperto un conto in Posta, convinti che su quel libretto sarebbe stata accreditata la contropartita per la loro gentilezza. Si sono crogiolati nell'illusione che, una volta libero, Gisana li avrebbe coinvolti nella gestione di una pizzeria di sua proprietà. Invece, si sono ritrovati con le tasche vuote e con le spalle appesantite dall'accusa di corruzione per asservimento della funzione.
L'ORDINANZA
Nell'ordinanza firmata dal gip Nicola Di Grazia si legge che Della Torre e Barattiero avrebbero «posto la propria funzione a disposizione del detenuto in violazione dei doveri di imparzialità e segretezza loro imposti in ragione della funzione rivestita». Gisana, però, non si sarebbe dimostrato riconoscente. Evaso il 21 maggio del 2015 e arrestato dopo due giorni, avrebbe cercato di mettere nei guai i due agenti. Avrebbe raccontato di trovarsi praticamente sotto scacco delle guardie, che lo tormentavano con richieste di denaro ingiustificate. Ha detto di essersi spaventato al punto tale da aver deciso di non rientrare in carcere dopo un permesso premio, mentre era in regime di semilibertà. A smentirlo, le intercettazioni telefoniche. Gli scambi captati dagli investigatori raccontano una storia diversa. Della Torre dice di essere praticamente sul lastrico, supplica Gisana di far fronte ai pagamenti. Non c'è traccia di minacce o pressioni. «Ti voglio bene come un fratello», dice addirittura l'agente.
Nonostante la dimostrazione d'affetto, Gisana non ci pensa due volte a girargli le spalle. Sostiene di essere fuggito perché Della Torre lo aveva minacciato «dicendogli che la sera non lo avrebbe fatto rientrare se non con le gambe spaccate», si legge nell'ordinanza. Per il magistrato, dalle conversazioni intercettate emerge una «particolare prolissità a delinquere da parte degli indagati». Gisana, in primis, è un «soggetto plurirecidivo».
GLI AGENTI

Barattiero, invece, è già stato condannato per violazione delle norme sull'ordinamento penitenziario. Non è tutto. Il pericolo di recidiva a carico degli agenti è fondato: dalle intercettazioni «si evince l'intenzione dei pubblici ufficiali di estendere il modus operandi ad altri detenuti». Della Torre e il collega ne parlano senza mezzi termini quando si accorgono che Gisana li prende in giro. Nel corso dell'indagine, gli agenti hanno avuto «significativi contatti anche con altri soggetti pregiudicati che scontato pene detentive».
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Il Messaggero