Coronavirus Roma, Unindustria: «Rimanga agli hotel la tassa di soggiorno già incassata». Crisi lunga per 7 aziende su 10

Folla di turisti davanti alla Fontana di Trevi in un’immagine di qualche tempo fa
La Roma delle imprese ha rallentato è vero, ma non si è paralizzata. C’è chi ha continuato a lavorare adattandosi alle fortissime restrizioni imposte...

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La Roma delle imprese ha rallentato è vero, ma non si è paralizzata. C’è chi ha continuato a lavorare adattandosi alle fortissime restrizioni imposte dalla pandemia di coronavirus ma per la stragrande maggioranza delle imprese il mondo post Covid sarà molto diverso: il 72% cambierà il proprio modello organizzativo. 

Un importante monito arriva dal mondo degli alberghi, quello sì paralizzato e cruciale a Roma. Si chiede per la Capitale e tutti i comuni del Lazio lo stop della tassa di soggiorno per un solo trimestre. «Chiediamo alla Sindaca Virginia Raggi di annullare il riversamento degli importi del Contributo di Soggiorno maturati nei primi tre mesi del 2020 da parte delle strutture alberghiere, in modo tale che gli stessi importi rimangano a totale disposizione degli alberghi»,ha dichiarato ieri Stefano Fiori Presidente della Sezione Industria del Turismo di Unindustria.

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Quella grande nostalgia per gli hotel sempre pieni
 
E ancora: «Questa deve essere una misura una tantum perché Unindustria è da sempre convinta che il Contributo di Soggiorno debba essere totalmente reinvestito per dare più servizi di qualità a cittadini, imprese e turisti». Sarebbe infatti un’importante boccata di ossigeno per il sistema alberghiero che sta vivendo una situazione drammatica, considerando che il 90% delle strutture alberghiere è chiusa.

Ma c’è un dato che balza all’occhio. C’è chi ha fatto di necessità virtù in questo momento e ha digerito una volta per tutte quella transizione digitale che non riusciva a mandare giù: e per procacciarsi nuovi clienti e mantenere il rapporto coi vecchi si è letteralmente tuffato nel mondo digitale e ha cominciato a nuotare. Un dato: nel mese di marzo le aziende che utilizzano il digitale sono letteralmente raddoppiate. Quello che è successo in questo marzo 2020 caratterizzato dalla pandemia ha accelerato un processo che si sarebbe sviluppato in due anni. «In questo momento storico i giorni sono mesi, i mesi sono anni», dice il presidente della Camera di Commercio Lorenzo Tagliavanti. Per lui, se la quarantena fosse una maratona inquadrerebbe questo momento «come la fase del barcollo ma non mollo». Certo, il settore delle imprese è molto provato. Basti pensare che in un’indagine promossa dall’ente camerale sull’impatto del Covid-19 sul tessuto imprenditoriale locale emerge che il 71% delle 500 imprese intervistate pensa che si tornerà alla normalità, ma molto lentamente. Tempi lunghi, non prima di un anno. Il 20% pensa, invece, che ci sono tutte le condizioni per una ripartenza in tempi rapidi. Mentre il 9% pensa che non sarà più possibile tornare alle condizioni pre-pandemia.

Le imprese del campione hanno nel 67% dei casi la sede nel comune di Roma e per il 33% dei casi nel resto della provincia di Roma. Prevalenti le micro realtà: l’84,6% delle imprese ha tra 0 e 9 dipendenti, il 12,6% ha tra 10 e 49 dipendenti e il 2,8% delle imprese ha oltre 50 dipendenti. La maggioranza degli imprenditori ritiene che la propria impresa non necessiterà di profondi cambiamenti per ripartire. Più pessimismo nel valutare, invece, la situazione generale dell’economia romana: in sostanza gli imprenditori temono che la burocrazia non si digitalizzerà come sono stati costretti a fare loro e che se frenava prima, continuerà a farlo (l’immagine del sito Inps in tilt è lì a dirlo). 
 

Altro dato: la maggioranza delle imprese effettuerà delle riorganizzazioni utili a ripartire, ma non stravolgerà la propria organizzazione. Il 51,5% delle imprese farà delle riorganizzazioni utili ad affrontare meglio i nuovi scenari, il 27,3% potrà proseguire come prima e solo il 21,2% necessiterà di profonde riorganizzazioni. Dei cambiamenti comunque irreversibili sono in atto e messi in cantiere dal 72% degli intervistati. «Un cauto ottimismo sulle prospettive di ripresa per la propria attività imprenditoriale, una preoccupazione maggiore per la situazione economica complessiva del territorio, fiaccato e impoverito dalla violenza e dalla lunghezza dell’emergenza sanitaria», spiega ancora il presidente Tagliavanti. Tra le imprese la diminuzione del fatturato e il crollo della liquidità sono drammatici.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero